L’inflazione nell’Eurozona inizia a scendere, pur non velocemente come si sperava. Il mercato sembra credere, però, che la stretta sui tassi di interesse stia volgendo al termine. I toni a Francoforte stanno mutando. Un “falco” come il governatore olandese Klass Knot ha ammesso questa settimana che dopo luglio non c’è certezza che il costo del denaro possa continuare a salire. L’area è a rischio di recessione economica. La produzione industriale è risultata negativa su base annua anche a maggio, segnando una contrazione del 2,2% dopo il +0,2% di aprile e il -1,4% di marzo.

Sembra che la politica monetaria stia avendo i suoi effetti nel mitigare i consumi delle famiglie e gli investimenti delle imprese, ripercuotendosi negativamente anche sui livelli produttivi.

Prezzi su mercato ETS giù dai massimi

Non è solo questo il dato che ci spinge a credere che la situazione economica nei prossimi mesi sarà tendenzialmente debole. In pochi conosceranno il mercato degli ETS. Se n’è parlato nell’ultimo anno per i contraccolpi che ha avuto nell’inasprire i tassi d’inflazione già in forte ascesa. Si tratta di un meccanismo che consente alle imprese di acquistare i permessi per inquinare. Ogni anno, l’Unione Europea fissa in capo a circa 11.000 aziende quote massime di CO2. Coloro che non riescono a rispettarle, magari perché stanno producendo molto e/o sono poco efficienti sul piano energetico, possono acquistare le quote delle altre aziende risultanti in eccesso.

Il mercato degli ETS funziona esattamente come qualsiasi altro: se la domanda è relativamente alta, i prezzi salgono; se la domanda è relativamente debole, i prezzi scendono. Poiché le quote massime di CO2 sono ridotte dall’Unione Europea di anno in anno per incentivare la decarbonizzazione, i prezzi tendenzialmente salgono da anni. Una tonnellata di CO2 costava appena 3 euro dieci anni fa, mentre quest’anno ha toccato il record dei 105 euro a febbraio.

Da allora c’è stato un certo ripiegamento. Ma ancora un mese fa si raggiungevano i 98 euro, mentre ieri i prezzi erano scesi a 92 euro.

Ripresa produzione industriale più lontana

Questi dati svelerebbero la debole produzione industriale in questa fase. Poiché le imprese prevedono un’attività poco vivace per i prossimi mesi, stanno acquistando poche quote di CO2. La bassa domanda fa scendere i prezzi. Il segnale per l’economia è negativo, in quanto può prospettare una recessione manifatturiera entro fine anno. A dire il vero, già il PMI manifatturiero è sottotono sin dai primi mesi dello scorso anno. E a giugno si è registrata la più forte contrazione da maggio 2020 a 43,6 punti. Considerate che i dati sotto 50 punti indicano un calo dell’attività.

I prezzi più bassi per gli ETS possono anche essere un tonificante per la domanda, a patto che i minori costi sostenuti dalle imprese siano trasferiti ai consumatori. Non è sempre così, specie per le realtà operanti sui mercati meno esposti alla concorrenza. Il raddoppio dei prezzi tra l’estate del 2021 e gli inizi di quest’anno ha contribuito, invece, a far lievitare l’inflazione. Esso ha comportato un forte aumento dei costi di produzione, scaricato all’istante sui prezzi al consumo. C’è da dire che nel settembre scorso, erano crollati a 65 euro e senza che ciò abbia frenato il boom dell’inflazione. Anzi, nei mesi seguenti fu toccato il picco. Anche allora, però, si speculò sul rischio di imminente recessione nell’area. Tecnicamente c’è stata, pur non nei termini gravi attesi. Vedremo se anche stavolta ci sarà un tracollo e se segnalerà una contestuale caduta del PIL o un semplice indebolimento.

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