Con l’invasione russa dell’Ucraina, il prezzo del petrolio sfiorò a febbraio i 140 dollari al barile. Nelle ultime sedute, il Brent si aggira intorno ai 115 dollari e per un commodity trader d’esperienza come Doug King, con l’arrivo dell’estate salirà a 150 dollari. La previsione si fonda sulla constatazione che nei prossimi mesi sul mercato globale l’offerta rimarrà bassa, mentre la domanda continuerà a salire per il fatto che le famiglie torneranno a viaggiare dopo due anni di restrizioni anti-Covid.

Negli USA, quella che sta per iniziare si chiama non a caso la “driving season”, cioè la stagione in cui si guida. Per il petrolio significa aumento dei consumi, cioè prezzi più alti. Peraltro, le riserve strategiche americane sono state ridotte di 30 milioni di barili a inizio marzo per ordine del presidente Joe Biden. Tuttavia, non si sono notati effetti significativi e duraturi sui prezzi. Anzi, gli USA dovranno verosimilmente correre a rimpinguare le loro scorte di greggio nei prossimi mesi, accrescendo la pressione sulla domanda globale.

Dalla riunione dell’OPEC di fine marzo, poi, non dovrebbero arrivare notizie confortanti. I leader del cartello petrolifero dovrebbero confermare l’attuale ritmo di aumento dell’offerta di 400.000 barili al giorno ogni mese. E’ evidentemente troppo poco. Né i sauditi stanno intervenendo per accelerare le estrazioni. Il principe Mohammed bin Salman continua a non rispondere alle chiamate di Biden al telefono, offeso per le ripetute condanne dell’amministrazione americana contro il regno in merito all’omicidio di Jamal Khashoggi.

Poche trivelle attive per estrarre petrolio

A frenare la risalita dell’offerta, però, c’è anche la svolta ambientale. I criteri ESG adottati oramai da gran parte delle società quotate nel mondo impediscono investimenti in settori altamente inquinanti come quello “oil & gas”. Oltretutto, le stesse compagnie petrolifere si mostrano meno propense a trivellare nuove aree, temendo che si riveleranno meno remunerative del previsto per il raggiungimento del picco della domanda prima di quanto stimato.

Meglio, allora, approfittare dei prezzi alti con i pozzi già esistenti.

Un petrolio a 150 dollari – ma tra gli analisti non si esclude si arrivi a 200 dollari entro l’anno – aggraverebbe i contraccolpi sulle economie importatrici. I maggiori costi energetici accusati da famiglie e imprese stanno già riducendo la spesa per i consumi non energetici, mentre i governi stanno parzialmente sterilizzandoli ricorrendo a maggiore indebitamento. Il governo italiano ha tagliato le accise su benzina e diesel di 25 centesimi al litro, portando il sollievo per gli automobilisti fino a più di 30 centesimi, includendovi l’IVA. Ma è un fatto temporaneo, perché tra meno di un mese saremo punto e a capo.

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