Se la discesa del petrolio sotto i 100 dollari al barile ci aveva fatto perlomeno sperare di evitare lo scenario peggiore, non è detto che le cose andranno nella direzione auspicata dalle economie importatrici. Quest’oggi si riuniscono a Vienna i rappresentanti dell’OPEC, il cartello petrolifero di fatto guidato dall’Arabia Saudita. E stando alle indiscrezioni del fine settimana scorso, concorderebbero un maxi-taglio dell’offerta, al fine di sostenere le quotazioni del Brent. Una decisione, se confermata, che si presenta negativa per l’Europa sotto diversi aspetti.

Già a settembre, l’organizzazione aveva ridotto la produzione da ottobre di 100.000 barili al giorno, un piccolo segnale sulla volontà di imporre un “floor” ai prezzi.

Petrolio a +50% su media decennio scorso

Al termine della scorsa settimana, un barile di Brent costava sugli 85 dollari, decisamente meno dei 110 dollari a cui ancora prezzava alla fine di luglio. Il tonfo è legato al deterioramento delle condizioni macroeconomiche globali. In altre parole, esso risente della debole congiuntura attesa per l’economia mondiale. E l’epicentro della recessione sarebbe proprio l’Europa, travolta dalle conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina, con la crisi energetica già in corso da mesi.

D’altra parte, il fatto che gli stati dell’OPEC stiano discutendo del maggiore taglio dell’offerta di petrolio da inizio pandemia (tra 500.000 e 1 milione di barili al giorno), significa che i sauditi non tollererebbero una discesa delle quotazioni sotto i 90 dollari. Per quest’anno, il regno stima un avanzo fiscale di 90 miliardi di rial, pari a 24 miliardi di dollari, circa il 2% del PIL. Per l’anno prossimo, già prevede un crollo di tale surplus a 9 miliardi, lo 0,2% del PIL e un terzo delle precedenti stime.

Praticamente, le petro-monarchie vogliono massimizzare i ricavi derivanti dalle esportazioni di petrolio più a lungo possibile, al fine di prepararsi al taglio dei consumi di idrocarburi nei prossimi decenni, quando la svolta “ecologica” spingerà l’intero pianeta verso le energie rinnovabili.

Tuttavia, l’economia europea sarebbe tutt’altro che attrezzata a sostenere ancora a lungo un petrolio così caro. Nel decennio passato, l’Eurozona ha acquistato Brent a un prezzo medio di 60 euro scarsi, tenuto conto sia delle quotazioni che del cambio euro-dollaro. A inizio settimana, spendeva più di 90 euro per un barile, qualcosa come oltre il 50% in più rispetto alla media del periodo 2012-2021.

Vendetta dell’OPEC russo-saudita contro Biden

A ciò si aggiunge il prezzo del gas, che pur in ripiegamento dai massimi recenti, si acquista ancora a 175-180 euro per mega-wattora. Fino a un anno e mezzo fa, ci costava una media di 15-20 euro, con picchi non superiori ai 30. Il combinato tra rincari del gas e caro petrolio sta provocando la recessione dell’economia europea. In altri tempi, i sauditi si sarebbero comportati con maggiore responsabilità e prudenza. Con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca, però, i rapporti con gli USA sono crollati ai minimi termini. Riad non perdona al presidente americano di averla definita pubblicamente “uno stato paria”, in considerazione della brutale uccisione del giornalista Jamal Khashoggi.

Più in generale, l’OPEC propende apertamente per la Russia, paese con cui collabora attraverso il nuovo formato OPEC Plus. In sostanza, la leadership del cartello è diventata russo-saudita, sebbene Mosca non ne faccia formalmente parte. Peraltro, le alte quotazioni del Brent si stanno accompagnando al “super” dollaro, mentre generalmente tra i due vi è una correlazione inversa. Quando le prime inizieranno ad arretrare verso la media decennale dei 70-75 dollari, magari a seguito di una recessione europea, il secondo è probabile che si sgonfi dopo avere toccato i massimi da decenni nelle ultime settimane. Sarebbe uno scenario doppiamente negativo per molte economie esportatrici, le quali stanno cercando così di sfruttare al massimo la congiuntura loro iper-favorevole di questi mesi.

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