La Spagna si attende di incassare 7 miliardi di euro in due anni dalla tassa straordinaria sui profitti delle banche e delle utilities. Il governo socialista del premier Pedro Sanchez punta così a redistribuire la ricchezza nel bel mezzo dell’impennata dell’inflazione, salita sopra il 10% nel paese a giugno. In cambio, gli studenti di almeno 16 anni di età che prendono la borsa di studio riceveranno un extra di 100 euro al mese. E tra settembre e dicembre mezzi pubblici gratis per cercare di lenire il carovita e dare al contempo una mano all’ambiente.

Tassa sulle banche per rialzo dei tassi

Ma la reazione della lobby bancaria spagnola non si è fatta attendere. Il presidente José Luis Martinez spiega che la tassa sulle banche non è detto che esiterà il gettito previsto, perché con il rialzo dei tassi l’aumento dei profitti non è scontato. Al contrario, l’economia spagnola corre il rischio di ripiegare, colpendo i margini degli istituti di credito.

C’è chi tra gli analisti ha definito quello di Sanchez un esercizio di “volgare populismo”. In effetti, fa chic in questi tempi prendersela contro chi “specula” sui prezzi e si “arricchisce” con i tassi. Ma dimentichiamo che stiamo appena uscendo da un decennio di tassi negativi. I margini delle banche europee si sono assottigliati per l’impossibilità pratica di tagliare i tassi d’interesse a favore dei clienti-risparmiatori sottozero.

Certo, ci ha pensato la BCE con Mario Draghi prima e Christine Lagarde dopo a sostenere i profitti bancari. Le aste T-Ltro non sono state altro che migliaia di miliardi di euro di liquidità erogata a costi quasi nulli e persino sottozero. Tanto che in queste settimane si discute su come evitare che il rialzo dei tassi finisca per accrescere i profitti delle banche, semplicemente spostando denaro sui conti della stessa BCE.

Il ruolo delle banche nell’economia

Ad ogni modo, la tassa sulle banche più che demagogica è sciocca.

Le banche svolgono una funzione essenziale per l’economia: raccolgono denaro tra i risparmiatori e lo prestano a tassi più alti alle imprese e alle famiglie. Se dici loro che non potranno beneficiare del rialzo dei tassi, è come se creassi le condizioni per non fare scendere il costo del denaro nelle fasi avverse dell’economia. Le banche conservano memoria di quanto accaduto e quando i tassi scenderanno in futuro, limiteranno il calo sui clienti, cercando di mantenere più o meno stabili i margini di profitto.

E lo stesso dicasi per le utilities: sovra-tassare i loro profitti ora che i prezzi di luce e gas sono più alti implica che, quando questi scenderanno, le bollette saranno scalate in misura minore. Le compagnie cercheranno di proteggersi in ragione dei rischi asimmetrici provocati dalla tassazione statale. Ma, soprattutto, le banche hanno fatto e continuano a fare molto comodo ai governi, alias ai contribuenti. Con l’immenso flusso di denaro sottocosto negli anni passati hanno acquistato titoli di stato, calmierandone i rendimenti e riducendo così la spesa per interessi sostenuta dai cittadini.

I rischi per il sistema bancario italiano

In Italia è stata già varata una sovra-tassa sugli extra-profitti delle compagnie di luce e gas maturati nel semestre ottobre-marzo scorso. La misura con il decreto Caro Energia di giugno è stata estesa alle imprese importatrici fino a dicembre. Persino il governo Draghi è caduto nella trappola della demagogia. Poiché le famiglie soffrono a causa dell’inflazione sempre più alta, bisogna trovare capri espiatori facili da colpire e grazie ai quali finanziare le misure di calmieramento dei prezzi. Ma non dimentichiamo che le banche italiane rischiano il “doom loop” con la lievitazione dei rendimenti sovrani. E se l’economia italiana dovesse entrare in una spirale negativa, la storia degli ultimi anni insegna che rischiano di accusare l’esplosione dei crediti deteriorati, a discapito dei margini, sebbene oggi siano ben più patrimonializzate del decennio scorso.

In sintesi, la tassa sulle banche serve ad offrire uno scalpo all’opinione pubblica, giustamente inferocita per la corsa dei prezzi. Ma è una misura boomerang, perché rischia di non funzionare e, soprattutto, di creare in futuro condizioni di mercato meno favorevoli ai risparmiatori e a chi prende in prestito denaro. Le banche sono aziende, non enti di beneficienza. Sono tenute a fare profitti, quale che sia la congiuntura. Sarebbe come se lo stato tassasse un ristorante di più per via del boom del turismo. Anche in quel caso, i profitti del locale aumenterebbero senza alcuna giustificazione immediata. Preoccupa la svolta dirigista impressa dalla pandemia prima e dalla guerra dopo alla politica europea.

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