Dopo il “panic selling” di giovedì, ieri le borse mondiali si sono riprese grosso modo dalle perdite pesanti accusate nella seduta precedente. Da Milano a Londra, passando per Francoforte e Parigi, i guadagni degli indici azionari sono stati compresi tutti tra il 3,5% e il 4%. Nelle stesse ore, la quotazione del petrolio scendeva sotto 100 dollari, con il Brent ad avere chiuso ieri a meno di 95 dollari al barile. Aveva sfondato la soglia dei 105 il giorno prima. In ripiegamento anche l’oro: per un’oncia servono meno di 1.890 dollari contro gli oltre 1.960 a cui i prezzi erano schizzati l’altro ieri.

Eppure, dal teatro di guerra in Ucraina non sono arrivate notizie entusiasmanti. Le truppe russe sono riuscite ad entrare nella capitale Kiev, tant’è che nella giornata di venerdì si è speculato su possibili trattative tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e la controparte russa per tenere negoziati in un paese terzo. Tuttavia, il primo ha smentito tramite un video di essersi arreso o, addirittura, di avere lasciato lo stato.

Me le borse sono ciniche. Hanno ignorato le sanzioni di USA e UE contro la Russia, per certi versi ancora “morbide”, per altri comunque capaci di deteriorare profondamente le relazioni commerciali e finanziarie tra le parti. Ai mercati finanziari interessa che l’incertezza duri il meno possibile. Chiunque vinca, che lo faccia presto. E che possano essere con ogni probabilità i russi a prevalere sul fronte bellico, poco importa. L’importante è togliere dal prossimo futuro l’incertezza.

Borse in ripresa, ma per quanto?

Prematuro, tuttavia, ipotizzare che i mercati abbiano già mandato giù il boccone amaro della guerra. Le conseguenze geopolitiche, economiche e finanziarie dureranno a lungo. E saranno potenzialmente nefaste per l’Europa, in particolare. La guerra russo-ucraina accentua il rischio di stagflazione. Da un lato, accresce i prezzi delle materie prime, gas in primis.

Dall’altro, riduce il tasso di crescita dell’economia. Il caro bollette già pesa come un macigno su aziende e famiglie. La BCE si trova in trappola come mai prima: deve alzare i tassi per “raffreddare” le aspettative d’inflazione, ma con il rischio di stendere a tappeto la ripresa nell’Area Euro.

La Federal Reserve quasi certamente alzerà i tassi negli USA al board di marzo. La guerra ucraina per l’economia americana avrebbe un impatto assai limitato, se non nullo. Dunque, la politica monetaria americana dovrebbe mantenere una traiettoria certa, mentre quella europea è tutta da vedere. Un’incertezza che non aiuta le borse, le quali non a caso ieri hanno reagito positivamente alla prospettiva che i russi conquistino Kiev subito, ponendo fine almeno alla fase bellica. Ma il mondo che uscirà da questa guerra porterà tante incognite, che peseranno non poco sui mercati nei prossimi mesi e anni.

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