Ancora prima che cadesse il governo Draghi, il Partito Democratico di Enrico Letta aveva cercato di cavalcare temi come l’introduzione del salario minimo, incalzato sul punto dal Movimento 5 Stelle. In generale, il Nazareno ha comunicato una maggiore attenzione al mercato del lavoro, che è stato quasi del tutto assente dai suoi pensieri negli ultimi anni. I dati sono eloquenti: tra il 1990 e il 2020, gli stipendi dei lavoratori italiani sono diminuiti del 3% in termini reali. E’ stato l’unico caso nell’are OCSE, che raggruppa tutte le economie avanzate del pianeta.

In trenta anni, anziché migliorare, il tenore di vita delle famiglie è, quindi, sceso. In Germania e Francia, tanto per avere un raffronto con le principali economie europee, sono cresciuti di oltre il 30%.

PD al potere più di tutti

Ma le date inchiodano proprio il PD. Comunque la si pensi sul salario minimo, così come sulle politiche per favorire l’occupazione propinate da questo o quel partito, è indubbio che i democratici abbiano forti responsabilità a cui dovrebbero rispondere. Negli ultimi trenta anni, hanno governato per la maggior parte del tempo, cioè per ben 19 anni. Ricordiamo, infatti, che il PD nacque dalla fusione nel 2007 di due partiti principali: la Margherita, cioè gli ex Dc di sinistra; i DS, eredi del PDS e prima ancora del PCI.

Volendo escludere il primo governo Amato, retto dalla DC e non dal PDS, quello che oggi conosciamo come PD ha retto nell’ordine:

  • Governo Ciampi (1993-1994);
  • Governo Dini (1995-1996);
  • Governo Prodi (1996-1998);
  • Governo D’Alema (1998-2000);
  • Governo Amato II (2000-2001);
  • Governo Prodi II (2006-2008);
  • Governo Monti (2011-2013);
  • Governo Letta (2013-2014);
  • Governo Renzi (2014-2016);
  • Governo Gentiloni (2016-2018);
  • Governo Conte-bis (2019-2021);
  • Governo Berlusconi (2021-oggi).

Bassi stipendi e poco lavoro con il PD al governo

Fatta eccezione per i governi guidati dal centro-destra di Silvio Berlusconi (1994; 2001-2006; 2008-2011) e il primo governo Conte (2018-2019), il PD ha appoggiato tutti i governi italiani degli ultimi trenta anni.

Di fatto, è stato al potere per quasi i due terzi del tempo. Lamentare i bassi stipendi dei lavoratori e la bassa occupazione significa per Letta ammettere di avere fallito politica economica. La crisi dell’economia italiana, grosso modo, coincide proprio con l’arrivo al governo della coalizione di centro-sinistra sia nella fase ormai terminale della Prima Repubblica, sia nella Seconda Repubblica.

Ad averlo capito sono stati proprio i cittadini-elettori, se è vero che ormai il PD non sia da tempo il partito di riferimento tra gli operai e meno che mai dei giovani. Gode di una popolarità sopra la media, non a caso, tra gli over 65, nonché tra le fasce della popolazione più tutelate, come i dipendenti pubblici. Lo stesso sindacato esce a pezzi da questo trentennio. CGIL-CISL e UIL non sembrano più in grado di mobilitare grossi numeri di lavoratori. Del resto, il partito che fu per decenni il loro riferimento politico ha appoggiato riforme come la legge Fornero e il Jobs Act, tutt’altro che di sinistra.

Letta ripiega per proposte al limite del ridicolo come la dote ai 18-enni finanziata da una ennesima patrimoniale. Il primo a non crederci è lo stesso segretario, consapevole che deve dire qualcosa di sinistra per rispondere all’appello di Nanni Moretti di un ventennio fa. L’alternativa sarebbe ammettere il proprio fallimento in tutti gli anni trascorsi al governo senza che gli stipendi dei lavoratori crescessero e l’occupazione migliorasse. Peraltro, le stesse disuguaglianze sociali sono aumentate, così come il numero dei poveri negli ultimi quindici anni. Insomma, il PD al governo non è riuscito a combinare nulla di cui possa andare orgoglioso in questa campagna elettorale balneare.

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