Un recente studio redatto dalla Confcooperative-Censis ha tratteggiato un futuro fosco per quasi 6 milioni di lavoratori italiani di oggi, che tra poco più di 30 anni andranno ad incrementare il numero già cospicuo di persone povere. Da una parte, i numeri sull’occupazione dell’Istat, che possono essere definiti – a ragione – ambigui e con più ombre piuttosto che luci, nonostante il tasso della disoccupazione non sia mai stato così basso rispetto al passato. Dall’altra parte, invece, si ha in mano la fotografia desolante di Confcooperative-Censis, che apre una nuova fase di riflessione obbligatoria per l’intera classe politica italiana, sia quella del passato sia quella del futuro.

Un’intera generazione a rischio

Al giorno d’oggi, le nuove generazioni sono – o almeno dovrebbero esserlo – consapevoli che la loro pensione sarà inferiore, in media, di oltre il 14 per cento rispetto a quella dei propri genitori. Una discriminazione che, in uno Stato di diritto, non dovrebbe essere nemmeno contemplata ma che, invece, esiste. Oltre al discorso economico, quando si parla di pensioni, non si può dimenticare nemmeno il fattore età. Un trentenne di oggi andrà in pensione, nella migliore delle ipotesi, non prima di aver compiuto 70 anni di età. Rispetto al passato, c’è un salto in avanti impressionante. Non dimentichiamo che già oggi migliaia di lavoratori protestano contro il governo per l’uscita a 67 anni di età, chiedendo a gran voce l’abolizione della legge Fornero.
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A rischio sopratutto i Millenials

Ancora peggio andrà a 5,7 milioni di persone, di età compresa tra i 18 e 35 anni, che fa fatica a trovare non solo un’occupazione stabile ma anche una remunerazione adeguata. Un problema che non si pongono più 3 milioni di giovani (di questi, poco più di 1 milione residenti in Sicilia e Campania), i quali hanno rinunciato a qualunque prospettiva a causa della mancanza di lavoro (i cosiddetti Neet).
Un’intera generazione che lo Stato rischia seriamente di perdere se non ci saranno interventi nell’immediato futuro.
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