La previdenza è stato uno dei temi più dibattuti dentro il governo e la maggioranza di centro-destra in vista del varo della legge di Bilancio, avvenuto il 16 ottobre scorso in Consiglio dei ministri. Le risorse a disposizione per questo capitolo erano assai limitate, per non dire nulle. Ecco perché le novità apportate sono state inferiori alle attese. Anzi, c’è stata una mini-stretta per andare in pensione. Ad esempio, da Quota 103 si salirà l’anno prossimo a Quota 104. Serviranno almeno 63 anni di età e 41 di contributi dai 62 e 41 rispettivamente occorrenti fino a quest’anno.

In realtà, esistono due novità dirompenti per i futuri titolari di pensione contributiva pura. Non se ne parla granché, perché la platea è ancora relativamente ristretta.

Anzitutto, cosa intendiamo per pensione contributiva pura? E’ l’assegno che percepiscono coloro che non hanno versato neppure un giorno di contributi fino al 31 dicembre 1995. In pratica, parliamo di quanti abbiano iniziato a lavorare sin dal 1996. Per ragioni anagrafiche, pur non necessariamente, stiamo facendo riferimento grosso modo agli under 50. Questi lavoratori percepiranno un assegno sulla base soltanto dei contributi versati. Invece, la pensione retributiva lega(va) l’assegno all’importo dello stipendio percepito negli ultimi anni di servizio. Infine, il sistema misto consente ancora oggi ai lavoratori di percepire un assegno con il doppio calcolo: retributivo per gli anni di contributi versati fino al 2011, contributiva per gli anni successivi al 2012.

Si allenta stretta a 67 anni

Come avrete capito dalla pur succinta spiegazione, il nostro sistema previdenziale si rivela assai confuso. Dicevamo che sulla pensione contributiva pura sono arrivate due novità dalla legge di Bilancio 2024. Dovranno chiaramente essere confermate dal Parlamento e non possiamo escludere emendamenti per modificarle, data la sensibilità della materia. Ad oggi, quel che sappiamo è questo. Chi vuole andare in pensione con il contributivo puro a 67 anni di età e con 20 anni di contributi, deve maturare un importo mensile pari almeno a 1,5 volte l’assegno sociale.

Questi è fissato a 503,27 euro per quest’anno.

Dunque, ad oggi si può percepire la pensione interamente contributiva a 67 anni solo se l’importo risulta essere almeno pari a 754,91 euro. Coloro che non riuscissero ad arrivare a tale cifra, dovranno attendere il raggiungimento dei 70 anni di età. La ratio di questa norma è poco comprensibile. Il legislatore avrà voluto evitare che andassero in pensione persone con importi bassi e tali da risultare bisognosi di assistenza. Il punto è che l’età pensionabile è attualmente di 67 anni. E’ incredibile che la categoria già svantaggiata per metodo di calcolo dell’assegno rispetto alla generazione dei retributivi o misti, debba attendere fino a 3 anni in più per lasciare il lavoro.

E così, la legge di Bilancio 2024 prevede che tale limite salti. Ai titolari di pensione contributiva pura basterà percepire un assegno pari a quello sociale. Dunque, potranno andare in pensione a 67 anni più persone, anche se per le suddette ragioni anagrafiche la platea di riferimento è ancora ristretta. Ma sarà più ampia di anno in anno.

Pensione contributiva miraggio a 64 anni

La seconda novità, invece, va in direzione restrittiva. Ad oggi, si può andare in pensione con 64 anni di età e 20 anni di contributi con la pensione contributiva pura. Ad una condizione: l’importo deve essere mensilmente di almeno 2,8 volte superiore all’assegno sociale. Per quest’anno, significa non meno di 1.409,16 euro. A partire dal 2024, il limite minimo sale a 3,3 volte. Questo significa che si può andare in pensione con 3 anni di anticipo solo se si matura il diritto a percepire un assegno di almeno 1.660,79 euro. Queste somme fanno riferimento all’anno in corso, ma saliranno ulteriormente da gennaio per effetto della rivalutazione.

Dunque, la pensione contributiva sarà ancora più un miraggio per chi puntasse ad anticiparla rispetto ai 67 anni di età, mentre diverrà più facile da percepire al raggiungimento di tale soglia anagrafica.

Sul piatto della bilancia, nei prossimi anni assisteremo a più uscite regolari e a minori anticipate. Il saldo a carico dell’Inps dovrebbe risultare grosso modo invariato. Tra l’altro, nel lungo periodo il metodo contributivo garantisce un equilibrio dei conti, indipendentemente dall’età in cui si lascia il lavoro. Ciascun pensionato, infatti, percepisce soltanto ciò che ha versato e in relazione agli anni teorici di vita residua.

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