Mentre il caos vaccini imperversa in tutta l’Unione Europea, a Bruxelles la Commissione studia il modo di contenere i danni per i mesi prossimi, grazie al rilascio di una certificazione verde digitale o in formato cartaceo (a scelta) che autorizzi i soggetti vaccinati a muoversi tra gli stati comunitari. Nelle intenzioni della Commissione, coprirebbe sia i vaccinati, sia coloro che si sottoporranno ai test anti-Covid e sia anche coloro che sono stati contagiati dal virus e ne sono guariti.

E’ quello che nel gergo mediatico è stato ribattezzato “passaporto vaccinale”, sebbene formalmente l’espressione non sia gradita ai governi. Ma tant’è. A premere in tal senso sono particolarmente gli stati del Sud Europa come Spagna, Grecia e Portogallo, i cui governi vorrebbero salvare il più possibile la stagione turistica, che incide in misura più marcata sui loro PIL rispetto al resto del continente. Scettica si mostra la Francia, secondo cui il passaporto vaccinale creerebbe discriminazioni ai danni dei più poveri. Il timore di Parigi sarebbe che alla fine a potersi muovere saranno i più fortunati, cioè coloro che per la loro professione o sulla base di altri criteri individuati dai singoli stati avranno ricevuto le dosi del vaccino.

Il debutto del passaporto vaccinale sembra solo una questione di tempo e potrebbe avere conseguenze rilevanti sul turismo, ergo sulla ripresa delle economie nazionali. Ma esistono diverse problematiche relative al tema. La prima è quali vaccini riconoscere. Paesi come l’Ungheria hanno consentito la somministrazione del russo Sputnik e persino di quello cinese. Tuttavia, l’Unione Europea formalmente riconosce solo i vaccini approvati dall’EMA, l’Agenzia europea del farmaco, cioè ad oggi: Pfizer-BioNTech, Moderna, AstraZeneca e Johnson & Johnson. Una soluzione di compromesso sarebbe quella di lasciare facoltà agli stati di accettare l’ingresso anche di soggetti vaccinati con marche non approvate dall’EMA.

Altro aspetto da non sottovalutare consiste nel possibile differente impatto tra economia e economia da una simile soluzione. Paradossalmente, gli stati che si stanno spendendo di più per il passaporto vaccinale potrebbero essere quelli che meno di altri ne beneficerebbero. Da qui all’estate, infatti, con ogni probabilità ad avere ricevuto le somministrazioni saranno state le fasce di età medio-alte, oltre alle categorie considerate a rischio per la professione svolta (personale sanitario, insegnanti, forze dell’ordine, etc.) e patologie. I giovani verosimilmente verranno vaccinati dopo l’estate. Ma il turismo in Grecia o Spagna, tanto per fare un esempio, è prettamente giovanile. Viceversa, in Italia arrivano più famiglie.

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Inoltre, proprio per il fatto che solo alcune categorie lavorative potranno muoversi liberamente, dovremmo dedurre che la capacità di spesa dei turisti nell’estate che verrà sarà medio-alta, pur a fronte di ingressi notevolmente inferiori alla media stagionale. Tanto per essere chiari, se in Italia verrà a trascorrere le vacanze un medico tedesco, in quanto già vaccinato, presumiamo che possa permettersi di spendere di più di quanto non farebbe un ragazzino inglese in cerca di divertimento nel Bel Paese.

Il discorso non è automatico. Molte famiglie non potranno partire ugualmente. Se solo una persona tra il marito e la moglie è stata vaccinata, va da sé che l’intero nucleo resterà in patria. Lo stesso se fossero stati vaccinati i soli genitori e nessuno dei figli sopra i 16 anni. O prendete un gruppo di amici, di cui alcuni hanno ricevuto le somministrazioni e altri no. Insomma, il passaporto vaccinale sarebbe in molti casi la soluzione per tamponare le perdite di un settore in grossa sofferenza, non anche per ipotizzare che sia un vero toccasana.

Al di là delle suddette considerazioni, appare obiettivamente aberrante che i commissari discutano di un provvedimento in contrasto con la realtà dei fatti. Bruxelles ci segnala che nei prossimi mesi potranno muoversi liberamente tra gli stati coloro che risultino in possesso del passaporto vaccinale, ma nel frattempo le campagne di vaccinazione nazionali restano al palo per via proprio delle incapacità dimostrate dalle istituzioni comunitarie. Dunque, non si tratta di riservare un trattamento di favore per coloro che abbiano mostrato più senso civico di altri, bensì di premiare quanti abbiano avuto semplicemente la fortuna di vaccinarsi in tempo per le vacanze, perlopiù sulla base di criteri arbitrari fissati dagli stati. Una discriminazione – ha ragione la Francia – ma non tanto verso i cittadini più poveri, quanto più in generale verso chiunque si trovi fuori dalle categorie prescelte nei primi mesi di vaccinazione.

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