La ricetta per abbassare le tasse? Farle pagare a tutti. O almeno è ciò a cui crede il premier Giuseppe Conte, che da Oltreoceano, cioè dalla patria del capitalismo, sostiene di essersi convinto che il male dei mali in Italia sia l’evasione fiscale. Dunque, lotta dura ai grandi evasori, con annesso tintinnio di manette, come a segnalare che per loro la “pacchia è finita” nel nostro Paese. Se fosse la ricetta giusta per fare pagare meno tasse a tutti, varrebbe forse la pena provare.

Senza voler scomodare l’economista Arthur Laffer, che spiegò circa 40 anni fa all’allora presidente Ronald Reagan che tagliando le tasse avrebbe ottenuto un gettito fiscale più alto e non più basso, concentriamoci sulle cifre della storia d’Italia per dimostrare che l’assunto da cui muove Conte sia errato. E non solo in teoria, ma all’atto pratico.

Evasione fiscale vero problema? No, lo stato italiano spreca 200 miliardi all’anno

L’Italia fa discorsi di questo tipo da diversi decenni. La storia del “pagare tutti, pagare meno” è vecchia quanto l’attività politica di Romano Prodi, uno dei principali sostenitori di questa tesi, che propinò a piene mani sin dalla metà degli anni Novanta, quando divenne premier. In realtà, già negli anni Ottanta dello spandi e spendi i governi iniziarono il tentativo di convincere gli elettori che la lotta all’evasione fiscale sarebbe servita per fare pagare meno tasse a tutti. Qualcosa sarà andato maledettamente storto, se quel decennio iniziò con una pressione fiscale inferiore al 29% e si concluse con una al 35,5%: +7 punti percentuali di pil. Altro che Prodi. Il pentapartito aveva già trovato il modo di far pagare le proprie clientele alla generalità dei contribuenti.

Peccato che mentre gli italiani venivano tartassati, l’incidenza della spesa pubblica sul pil esplose di circa 12 punti percentuali. Certo, ebbe un peso determinante la lievitazione della spesa per gli interessi sul debito pubblico, che accelerò dalla seconda metà degli anni Ottanta.

Ma anch’essa fu il riflesso di uscite sempre più cospicue, dettate da uno stato spendaccione senza limiti. In cifre, il gettito fiscale tra il 1980 e il 2017, mettendo insieme i dati OCSE e altre statistiche internazionali, è cresciuto del 670%, pari a una media annua del 5,3%. Nello stesso periodo, la spesa pubblica è aumentata del 5% all’anno, praticamente poco meno e sempre più del pil nominale, cresciuto solo del 4% all’anno.

Più tassano e più spendono

Se facessimo partire l’analisi alla metà degli anni Novanta, troveremmo quanto segue: gettito fiscale in crescita del 3,5% medio all’anno, spesa pubblica del 2,7%, a fronte di un +3% del pil nominale. In valori assoluti, gli italiani hanno pagato 335 miliardi di tasse in più, ma lo stato ha speso oltre 430 miliardi in più. L’austerità fiscale di cui tanto ci lamentiamo ha semplicemente frenato il ritmo di crescita percentuale della spesa, non quello assoluto. E così, le tasse sono cresciute di 4 punti di pil, mentre la spesa si è ridotta di 3 punti, pur aumentando di poco in termini reali. Senza gli stringenti vincoli europei, l’aumento del gettito sarebbe stato pareggiato, se non superato, da quello della spesa pubblica anche in percentuale. In sostanza, gli italiani pagano più tasse di decennio in decennio, ma le uscite tengono sostanzialmente il passo, pur in frenata nell’ultimo ventennio. L’austerità non si è tradotta in un conseguente abbassamento della pressione fiscale, per cui nessuno ha visto i frutti delle stangate dagli anni Ottanta in poi.

Tasse alte, non l’evasione fiscale vera emergenza nazionale dell’Italia

Perché stavolta dovrebbe essere diverso? Il governo presieduto da Conte, mentre ipotizza nuove tasse e studia come stanare gli evasori, cerca di alzare anche la spesa, contrattando con la Commissione europea l’innalzamento del deficit fino al 3% del pil o il suo mantenimento ai livelli dello scorso anno, dimostrando come nessuna maggioranza politica, nel momento in cui diviene tale, metta in atto i propositi di contenimento della spesa che sbandiera dai banchi dell’opposizione.

E’ accaduto con il centro-destra e il PD al governo fino al 2018, nonché con Movimento 5 Stelle e Lega nell’ultimo anno e prima della crisi estiva. I partiti dell’austerity all’opposizione si trasformano in fautori della flessibilità fiscale nello stesso giorno in cui entrano a Palazzo Chigi.

“Pagare tutti, pagare meno” è uno slogan che andrebbe ribaltato in “pagare meno, pagare tutti”, all’insegna di quel “affamare la bestia” di reaganiana memoria. Perché se c’è una cosa che lega le mani ai governi spendaccioni di ogni colore politico è l’assenza di risorse con cui ingrassare le clientele.

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