Il reato è di omessa dichiarazione fiscale e la Procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati tre persone che hanno esercitato la carica di amministratori tra il 2017 e il 2021. La società nel mirino del Fisco italiano è niente di meno che Airbnb, il colosso statunitense degli affitti brevi online. Il Nucleo tributario della Guardia di Finanza di Milano ha sequestrato nelle scorse ore circa 779,5 milioni di euro relativi a 3,7 miliardi di importi fatturati tra il 2017 e il 2021 e sui quali non era stata versata la cedolare secca.

Airbnb non vuole fare da sostituto d’imposta

La questione è annosa. L’art.50 del dl n.50 del 2017 obbligherebbe società come Airbnb a fungere da sostituto d’imposta nel versamento della cedolare secca al posto dei clienti. Questi sono i titolari degli immobili pubblicizzati sul sito web della società di fama internazionale e che vengono affittati per brevi periodi ai turisti. La piattaforma lucra attraverso l’imposizione di commissioni sui ricavi. Soltanto pochi giorni fa la Corte di Cassazione aveva stabilito in via definitiva che il versamento della cedolare secca spetta ai siti. Essi ad oggi si sono rifiutati di ottemperare al decreto del 2017, sostenendo di non potersi sostituire allo stato.

Cedolare secca affitti brevi, novità nel 2024

Sugli affitti brevi è previsto il versamento di un’aliquota del 21%. Dal 2024 salirà al 26%, ma solo nel caso in cui gli immobili locati dai proprietari siano almeno due e fino a quattro. E’ evidente quale sia il pomo della discordia. Colossi come Airbnb non vogliono applicare la cedolare secca alla fonte, perché temono che ciò scoraggi molti proprietari di case italiani dal fare ricorso alle loro piattaforme web. L’alternativa sarebbe il fai da te, chiaramente in nero. A tale proposito, bisogna considerare che i ricavi dei proprietari sono già stangati da commissioni che in media si aggirano intorno al 20% e che possono finanche raddoppiare qualora la piattaforma si occupi di offrire servizi aggiuntivi.

Airbnb e soci temono di perdere fette di mercato dal momento in cui ai clienti risulterà evidente il costo effettivo totale dell’attività sponsorizzata online. Da parte sua il governo sta cercando di porre un freno al mercato degli affitti brevi, in quanto ridurrebbe l’offerta a scopo residenziali in molte grandi realtà italiane, finendo per aumentare i canoni di locazione. Una situazione simile a quella che si vive pressoché in tutte le grandi città d’Europa, e non solo.

Sequestro legittimo?

Ma siamo sicuri che il sequestro dei 779 milioni e rotti sia legittimo o, comunque, andrà a buon fine? La Procura sta praticamente insinuando che lo stato italiano avrebbe subito un ammanco pari al 21% di tutti i ricavi maturati nel quinquennio considerato. Tuttavia, non è possibile a priori stabilire se e quanti proprietari degli immobili abbiano versato la cedolare secca per conto loro. Tali importi andrebbero eventualmente scomputati dalla cifra sequestrata a Airbnb. Certo, d’altra parte ci sarebbero sanzioni e interessi da pagare. In ogni caso, la questione per il passato resta controversa.

Modello Airbnb sotto attacco

Il modello Airbnb è sotto attacco praticamente ovunque. I residenti lamentano costi di affitto sempre più insostenibili. Si pensi alle proteste negli ultimi anni a Lisbona. Non a caso, quasi dappertutto esistono limitazioni anche stringenti agli affitti brevi. Il decreto Santanché ne introduce alcune anche in Italia, tra cui l’obbligo di due pernottamenti consecutivi, ad esclusione delle famiglie numerose. Come detto, sale la cedolare secca con il secondo immobile affittato, mentre l’apertura della partita iva resta obbligatoria dopo il quarto immobile. Infine, sarà introdotto un Codice identificativo nazionale per censire gli immobili locati e contrastare l’evasione fiscale.

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