Archiviato il primo board dell’anno, la battaglia interna alla Banca Centrale Europea (BCE) sui tassi d’interesse prosegue come prima, più di prima. Nessuno aveva messo in dubbio la stretta di inizio febbraio, così come neppure le “colombe” più sfegatate come gli italiani Ignazio Visco e Fabio Panetta credono che possa essere evitato un nuovo rialzo a marzo. Lo scontro con i “falchi” resta sul dopo, nonché ancora sull’entità della stretta tra poche settimane. Il comunicato ufficiale di Francoforte ha prospettato un altro rialzo dei tassi d’interesse dello 0,50%.

Non è scolpito sulla roccia, ma poco ci manca.

Attenzione si sposta su inflazione core

A gennaio, l’inflazione nell’Area Euro è scesa all’8,5% dal 9,2% del mese precedente, allontanandosi ulteriormente dal picco di novembre al 10,1%. Alle “colombe” basterebbe come indizio più che sufficiente per reclamare finanche uno stop alla stretta monetaria. Ma i “falchi” ne sanno sempre una in più del diavolo. Il governatore olandese Klaas Knot, infatti, sposta l’attenzione sull’inflazione “core”. E’ il dato mensilmente pubblicato al netto dell’energia e dei generi alimentari, le due componenti più volatili del paniere.

Knot spiega che il rialzo dei tassi BCE potrà arrestarsi solo quando l’inflazione “core” inizierà ad arretrare. Ha concesso, però, che questa avrebbe raggiunto il picco e dovrebbe contrarsi nei prossimi mesi. Tuttavia, ha avvertito di attendersi un aumento dell’inflazione “core” nei servizi per effetto delle richieste salariali da parte dei lavoratori. Quanti ai beni, il dato dovrebbe scendere più agevolmente.

Qualche giorno fa, la tedesca Isabel Schnabel, consigliera esecutiva e potente rappresentante della Germania in seno al board, ha detto la sua. Crede che la fine della stretta sui tassi BCE possa concludersi solo quando l’inflazione “core” avrà raggiunto il target del 2%. Ad oggi, ha affermato, la politica monetaria non ha esitato un impatto significativo.

Nuovi rialzi dei tassi BCE

A gennaio, l’inflazione “core” è rimasta stabile al 5,2%, il dato più alto mai toccato nell’Eurozona. Ciò darebbe credito sia a quanti sostengono che l’inflazione nell’area abbia toccato il picco, sia a quanti ritengono che essa resti elevata. Sta accadendo che il costo dell’energia stia crollando più velocemente delle attese grazie al tonfo dei prezzi del gas. Esso, pur in ritardo, si era trasferito alla generalità del paniere, innescando una spirale rialzista dei prezzi per tutti i beni e servizi. Ad esempio, poiché la luce costa di più, un taglio di capelli rincara, così come un prodotto in ceramica fabbricato usando intensivamente il gas.

E’ evidente che spostare l’attenzione sull’inflazione “core” significa per il Nord Europa avere un’argomentazione solida per giustificare il rialzo dei tassi BCE anche dopo marzo. E ciò vale a maggior ragione che il rischio di recessione economica starebbe riducendosi di mese in mese. Il governatore francese François Villeroy de Galhau non lo intravede più forse neppure “tecnicamente”. Questo comporta due cose: la prima è che Francoforte può proseguire con la stretta più serenamente; la seconda, che sale il rischio di un’inflazione persistente per effetto di una domanda in crescita o almeno costante. In questa fase del dibattito, quindi, i “falchi” la starebbero spuntando sulle “colombe”.

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