Si fanno ancora più tesi i rapporti tra Corea del Nord e USA, dopo il lancio fallito dell’ultimo missile di Pyongyang, che conferma la politica militaristica del regime di Kim Jong-Un. Questi ha accusato il Giappone di spionaggio e allo stesso tempo ha definito il presidente americano Donald Trump “uguale a Obama”, sostenendo che “se gli affaristi delle istituzioni americane pensavano di intimorire la Corea del Nord, si sono sbagliati di grosso”. Si apprende che l’Fbi di Los Angeles e New York starebbe indagando sul maxi-furto da 81 milioni di dollari ai danni della banca centrale del Bangladesh, avvenuto nel febbraio dell’anno scorso e che si è tradotto nello spostamento di denaro depositato presso la Federal Reserve alle Isole Filippine, dove risulterebbe riciclato in casinò e altre operazioni.

Dietro al furto, secondo gli inquirenti federali USA, vi sarebbe proprio il regime di Pyongyang, che avrebbe utilizzato la stessa tecnica con cui nel 2014 subì un hackeraggio, che provocò un temporaneo down del suo sito. E stando sempre all’Fbi, i nordcoreani si sarebbero avvalsi anche dell’aiuto di intermediari cinesi. Pare che alcuni funzionari dell’istituto cingalese avessero lasciato i propri server esposti agli hackeraggi per quello che sembra ormai un furto coordinato tra paesi diversi e magari con la finalità di finanziare il programma nucleare nordcoreano. (Leggi anche: Kim Jong-Un annuncia evento epocale)

USA premono sulla Cina

Dalle indagini non è detto che scaturiscano accuse specifiche nei confronti dei funzionari di Kim Jong-Un, ma la tensione tra i due paesi si fa sempre più alta. Nel corso di un’intervista, il senatore repubblicano John McCain ha accusato la Cina di non volere fare nulla per fermare il dittatore “ciccione e matto” di Pyongyang, sostenendo che gli USA dovrebbero chiarire a Pechino che vi saranno conseguenze, se non interverrà per porre un freno a Kim Jong-Un.

“Se solo volesse, la Cina potrebbe colpire l’economia nordcoreana in una settimana”, ha aggiunto McCain, secondo cui non sarebbe dinnanzi a un individuo razionale, come pure lo era nella sua barbarie Josip Stalin, riprendendo le parole dell’ambasciatore americano all’ONU, Nikki Haley, che pochi giorni fa aveva dichiarato come Kim Jong-Un non sarebbe una persona razionale. Questo, mentre anche il segretario di Stato, Rex Tillerson, ammette il fallimento della diplomazia americana degli ultimi 20 anni, facendo presente che potrebbero esservi in arrivo nuove sanzioni e persino l’opzione bellica.

40% dei nordcoreani è denutrito

Il riferimento di McCain è ai forti legami economici tra Cina e Nord Corea. L’interscambio commerciale tra i due paesi rappresenta il 90% del totale per Pyongyang, ma nonostante l’annuncio di uno stop alle importazioni di carbone a febbraio, Pechino non pare ancora intenzionata a fermare la follia del dittatore fuori controllo, che con il lancio di missili balistici in direzione di paesi come il Giappone, rischia di fare esplodere le tensioni politiche nell’area.

Secondo il rapporto dell’ONU, su 25 milioni di abitanti, 10,5 milioni di nordcoreani, il 40% della popolazione totale, soffrirebbe di malnutrizione. E ancora oggi, la stragrande maggioranza degli abitanti dello stato dipenderebbe dallo stato per nutrirsi. Lo scorso anno, il regime ha tagliato da 380 a 300 grammi al giorno l’erogazione di cereali e patate per ciascun cittadino, in un tentativo di razionare risorse sempre più scarse. Si tratta di una quantità di cibo poco più della metà dell’obiettivo minimo che lo stesso regime si è prefisso. Raccolti carenti generano nel paese anche vere e proprie carestie, come negli anni Novanta, quando perì un milione di persone per fame. (Leggi anche: Nord Corea, economia in ginocchio senza Cina)