C’è chi lo definisce con senso sprezzante “sportwashing”, vale a dire l’uso dello sport per finalità diverse. Altri parlano di “soft power”, la tendenza di uno stato a dare di sé un’immagine accomodante per massimizzare l’utilità nelle relazioni internazionali. Sta di fatto che l’Arabia Saudita si è buttata sullo sport e se all’inizio i dirigenti di società e leghe facevano spallucce, adesso nessuno più ignora quanto stia accadendo. Nel mirino di Riad c’è l’Indian Premier League (IPL), che gestisce il campionato di cricket nel mercato più redditizio e grande al mondo.

Il principe ereditario Mohammed bin Salman, da anni ormai vero detentore del potere nel regno, ha fatto visita in India a settembre e nelle conversazioni private avrebbe offerto una cifra di 5 miliardi di dollari per fare entrare il fondo sovrano PIF nell’IPL, valorizzando quest’ultima 30 miliardi.

Il cricket indiano è affare serio. Sono salite di recente a dieci le squadre che lottano per conquistare il titolo e in media ciascuna di essa vale più di 1 miliardo di dollari. Al PIF le risorse non mancano, gestendone per 700 miliardi. Il fondo è alimentato dalle entrate petrolifere e non vi sfuggirà che questo sia un periodo d’oro (nero) per i produttori della materia prima.

Arabia Saudita attiva su diversi sport

L’Arabia Saudita sta allungando le mani un po’ su tutti gli sport principali. Sta investendo una barca di soldi sul calcio, al fine di fare della sua lega nazionale un riferimento mondiale. Clamorosi alcuni acquisti nell’ultimo biennio, tra cui di Cristiano Ronaldo, Neymar e Karim Benzema. Avrebbe voluto anche Lionel Messi in campionato, ma questi ha optato per l’Inter Miami negli Stati Uniti. Si è quasi assicurata l’assegnazione dei mondiali di calcio nel 2034 e già ospita le finali di coppa di Italia, Spagna e Turchia, nonché della Coppa d’Asia nel 2027.

E nei mesi scorsi è riuscita a piegare il PGA Tour per entrare nel circuito mondiale del golf dopo averne lanciato uno proprio. Occhi puntati anche sulla Formula Uno. Insomma, tutti i principali sport sono ormai target alla portata del regno. Con quale obiettivo reale? Nel 2016, il principe rese pubblica la sua Vision 2030, un programma di lungo periodo teso a diversificare l’economia saudita e sganciarla dall’eccessiva dipendenza verso il petrolio. Grazie agli sport, egli crede di prendere due piccioni con una fava: far attecchire nuovi business per stimolare la crescita del PIL e proiettare nel mondo un’immagine diversa, più leggera e meno severa dell’Arabia Saudita. Il regno ultra-conservatore continua ad intimorire anche gli investitori internazionali, i quali difficilmente accetterebbero di spostare i loro quartieri generali a Riad per la paura di dover sottostare a stili di vita eccessivamente rigidi.

Cricket ultimo investimento per cambiare immagine

Questi investimenti stanno già cancellando qualche episodio traumatico della storia recente. Il caso Khashoggi nel 2018 attirò gli strali della comunità internazionale. Il giornalista del Washington Post e veemente oppositore della Casa Reale fu barbaramente ucciso e il suo cadavere fatto scomparire subito dopo l’ingresso nel consolato saudita di Istanbul, dove doveva ritirare alcuni documenti per sposare la fidanzata turca. L’assassinio pesò come una macchia nei rapporti anche con gli Stati Uniti. L’allora candidato Joe Biden definì il regno “uno stato paria”. Una volta entrato alla Casa Bianca, Mohammed bin Salman ha deciso di ignorarlo, rifiutandosi persino di rispondergli al telefono.

Il cricket lancerebbe gli affari sauditi in Asia, un mercato ad alto potenziale di crescita e in cui l’immagine del regno non è così appannata come in Occidente. L’ingresso di PIF nell’IPL servirebbe ad espanderne il business fuori dall’India.

Investimenti all’apparenza scientifici, come se dietro vi fosse la necessità di Riad di coprire i vari mercati, oltre che i singoli sport più praticati. Fino a un paio di anni fa, nessuno avrebbe dato due lire al campionato di calcio saudita. Adesso, i top club europei lo temono per la sua capacità di attirare talenti a colpi di maxi-ingaggi.

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