Gli italiani hanno richiesto meno mutui alle banche nel corso del primo trimestre, come ci ha segnalato l’ultima Bussola di MutuiSupermarket. E questo, nonostante le erogazioni fossero arrivate al record storico alla fine del dicembre scorso, i tassi siano rimasti ai minimi e i prezzi delle case, pur in apparente timida ripresa quest’anno, continuino a ristagnare e a mostrarsi mediamente di un quarto più bassi rispetto ai livelli pre-crisi. Paura del futuro, certo. Le incertezze politiche gravano sulle aspettative delle famiglie, ma prendersi una pausa di riflessione può essere stata la scelta più saggia, in attesa di capire meglio la direzione verso cui si muoverà il mercato nei prossimi mesi.

Mutui a tasso variabile, addio all’Euribor e fuga verso il fisso

Vi ricordate il 2016? Fu l’anno della svolta per i mutui a tasso fisso. Negli anni immediatamente precedenti, la stragrande maggioranza dei nuovi contratti era stata siglata a tasso variabile, approfittando del crollo dei tassi avvenuto particolarmente dal 2014 con la politica monetaria ultra-espansiva della BCE. Tre anni fa, però, gli italiani voltavano le spalle al tasso variabile e optavano in massa per il tasso fisso, tanto che alla fine dell’estate questo rappresentava la scelta di oltre due nuovi contratti accesi su tre. Come mai? I tassi sul mercato erano arrivati a livelli così bassi, che nessuno si aspettava potessero più rimanere a quei livelli. E, soprattutto, famiglie e imprese scontavano una nascente reflazione, che di lì a poco avrebbe fatto risalire i tassi. E per alcuni mesi, il mercato si mosse esattamente in quella direzione.

Mutui a tasso fisso scelta giusta?

Tuttavia, quando sono passati tre anni abbondanti dall’avvio della corsa al tasso fisso, possiamo dirvi in tutta franchezza che essa si sarebbe rivelata sbagliata. MutuiSupermarket ci ha gentilmente fornito la simulazione dei costi di un mutuo a tasso fisso e di uno a tasso variabile a 20 anni, accesi tre anni fa per 140.000 euro e in relazione a un immobile dal valore commerciale di 220.000 euro.

Nel giugno 2016, il migliore T.A.N. per il tasso fisso era dell’1,80%, il migliore per il tasso variabile (legato all’Euribor a 3 mesi) dell’1,40%. In questi 36 mesi, la spesa per interessi del primo è risultata di 2.859 euro superiore, esitando anche un maggiore debito residuo con il pagamento dell’ultima rata per 1.195 euro.

Ora, il punto non è recriminare sul passato, anche perché in una fase di bassi tassi le famiglie scontano in partenza di dovere pagare di più per un po’ di tempo con il tasso fisso, ma confidando di più che recuperare in una prospettiva di lungo periodo, man mano che i tassi di mercato saliranno. Tuttavia, questa fase è anomala, perché mentre ci si aspettava che i tassi globali sarebbero saliti da quest’anno, sta accadendo l’esatto contrario. La BCE ha rinviato l’appuntamento con l’avvio della stretta monetaria ad almeno la fine del primo semestre 2020. In tutta sincerità, probabile che non sarà in grado di alzare il costo del denaro nemmeno per l’anno prossimo, anzi che si trovi costretta a tagliarlo nei prossimi mesi.

Poiché il grosso degli interessi grava nella prima parte dell’ammortamento, il rischio di avere compiuto la scelta sbagliata negli anni passati diventa sempre più concreta, se anche per i prossimi anni i tassi rimanessero ai livelli attuali o, addirittura, scendessero ulteriormente. Per fortuna, esiste sempre la possibilità di surrogare il mutuo, come nei fatti avvenne in misura imponente e per quasi la metà dei nuovi contratti proprio fino a circa 3 anni fa, quando i tassi sul mercato collassavano e coloro che avevano acceduto al prestito a tasso fisso si ritrovarono a pagare una rata relativamente molto più alta.

Accadrà lo stesso a breve, specie se la BCE taglierà i tassi?

Mutui casa, la surroga tornerà di moda?

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