Monitorando i conti delle 36 grandi banche europee, EU Tax Observatory ha scoperto che ogni anno troverebbero il modo di spostare circa 20 miliardi di euro di utili nei paradisi fiscali. E non immaginereste mai che in cima alla classifica troviamo MPS tra le realtà che stanno facendo maggiormente ricorso a queste pratiche di elusione fiscale rispetto al passato. Nel periodo 2018-2020, la percentuale di utili spostata nei paradisi fiscali a Siena è cresciuta del 49,8%, seconda sola a HSBC (+62,3%).

Ma procediamo con ordine.

Secondo il gruppo indipendente, le grandi banche europee sposterebbero nei paradisi fiscali la media del 14% dei loro utili, a fronte di una percentuale di addetti in queste realtà nettamente inferiore (4%). Ne consegue che l’utile per addetto sia qui di 238.000 euro all’anno, quando presso gli stati con regimi di tassazione ordinari scende a 65.000 euro.

MPS e costi della nazionalizzazione

Negli ultimi sette anni, MPS si è distinta per essere stata la banca che ha incrementato di più la quota di utili spostata nei paradisi fiscali (+19,4%), seguita da Intesa Sanpaolo (+12,2%) e HSBC (+7,9%). Perché fa specie che sia accaduto a Siena? Dal 2017, la banca più antica del mondo ad oggi in attività è saldamente nelle mani dello stato. Il Tesoro possiede attualmente il 64,2% del capitale. Il salvataggio seguito alla nazionalizzazione ci dovrebbe costare a consuntivo fino a una ventina di miliardi di euro.

Ebbene, siamo di fronte a una banca di stato che trova il modo di non pagare le tasse al suo stesso azionista di controllo. Una beffa, anzi uno dei tanti paradossi che circondano questa vicenda. Con quale credibilità lo stato italiano parla di lotta all’evasione fiscale, se esso stesso sposta una quota crescente di utili di una sua società controllata presso i paradisi fiscali?

Non solo MPS in fuga nei paradisi fiscali

Allargando lo sguardo, scopriamo che la banca maggiormente elusiva delle tasse sarebbe HSBC.

Paga un’aliquota media effettiva del 13%. Va detto, però, che il 58% dei suoi profitti sono registrati a Hong Kong, dove paga un’aliquota effettiva dell’11%. Qui, impiega il 15% del suo personale. Hong Hong è un hub finanziario e, in realtà, non vi è nulla di così anomalo nello spostarvi gran parte degli utili maturati per una banca di respiro internazionale e con operatività diffusa in Asia.

Lo studio mette in risalto il fatto che se le grandi banche europee pagassero un’aliquota del 25%, il gettito per gli stati aumenterebbe di 10-13 miliardi complessivi. Con un’aliquota del 21%, salirebbe di 6-9 miliardi e con una del 15% di 3-5 miliardi. Gli stati dell’OCSE, su proposta dell’amministrazione Biden e in rappresentanza di economie pari al 90% del PIL mondiale, hanno approvato la proposta dell’amministrazione Biden di imporre un’aliquota minima globale del 15% sui profitti delle multinazionali. Sarebbe un modo per evitare che queste eludano il fisco, spostando gli utili nei paradisi fiscali.

Già, ma quali sono? Nella lista della EU Tax Observatory sono stati inseriti 17 stati: Bahamas, Bermuda, Guernsey, Gibilterra, Hong Kong, Irlanda, Isole Cayman, Isola di Man, Isole Vergini, Jersey, Kuwait, Lussemburgo, Macao, Malta, Mauritius, Panama e Qatar. Si va da un’aliquota zero a Bermuda, Panama, Isole Cayman e Isole Vergini a un’aliquota del 15% nel Lussemburgo.

La posizione di MPS

“La ricerca pubblicata da EU Tax Observatory non rappresenta correttamente la realtà di BMPS in quanto basata su informazioni incomplete. Sono in corso contatti con EU Tax Observatory per chiarire la situazione. Presumibilmente, tra le altre cose, è stato considerato solo l’utile registrato in Lussemburgo nel 2018 senza tener conto della perdita di analogo importo riportata nel medesimo paese nel corso del 2017. Una lettura disgiunta dell’utile 2018 dalla perdita 2017 è impropria essendo risultati collegati tra loro ed entrambi connessi all’esecuzione del burden sharing degli strumenti subordinati, nel contesto della ricapitalizzazione precauzionale completata nel 2017”.

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