Mediaset non avrà più sede legale in Italia. Il colosso televisivo della famiglia Berlusconi ha annunciato nei giorni scorsi la nascita di MediaForEurope (MFE), la holding che assorbirà sia Mediaset che la controllata spagnola Mediaset Espana. Nelle scorse settimane, sempre Cologno Monzese aveva annunciato l’acquisizione del 9,6% della tedesca ProSieben Sat. Le due operazioni vanno lette insieme, segni della crescente internazionalizzazione del gruppo guidato da Fedele Confalonieri e Piersilvio Berlusconi. In che senso? Contrariamente a quanto si è scritto a caldo, la sede fiscale resterà in Italia, per cui Mediaset continuerà a pagare le tasse in Italia.

Dunque, non è stata questa la motivazione del trasferimento in Olanda.

In effetti, ad Amsterdam sono circa 2.800 le società di tutto il mondo che hanno deciso di trasferire qui la sede, volendo approfittare del diritto societario snello e conveniente di una delle nazioni più liberali e meno burocratizzate del pianeta. Una norma, in particolare, attira le attenzioni di tante imprese e sarebbe proprio alla base della decisione del Biscione: quella degli “special voting shares”. In pratica, l’azionista di riferimento ha la possibilità di pesare di più all’assemblea dei soci, in quanto i voti possono essere conteggiati sulla base dell’anzianità di chi detiene i titoli.

Ciò consente agli azionisti storici di continuare a controllare la società, anche a fronte di una diluizione nel capitale. Ad esempio, un socio sceso al 30% può detenere il controllo della maggioranza assoluta delle azioni con diritto di voto, non rischiando di subire un ribaltamento delle posizioni in assemblea, né una OPA ostile interna o esterna. In Italia, il Decreto Competitività del governo Renzi nel 2014 ha previsto la facoltà per le società che decidono di quotarsi in borsa di emettere azioni con voto plurimo, che assegnino fino a un massimo di 2 voti per ogni azione detenuta, al fine di incentivare i soci-fondatori a rivolgersi al mercato dei capitali.

Tuttavia, una tale possibilità viene esclusa per le società già quotate.

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Il vero obiettivo dei Berlusconi

La famiglia Berlusconi, trasferendo la sede legale di Mediaset in Olanda, può puntare sulla crescente internazionalizzazione per cercare di arginare la concorrenza di colossi come Netflix e Comcast-Sky, integrandosi con altri operatori televisivi europei, senza per questo perdere il controllo della propria creatura. Non solo: i francesi di Vivendi verrebbero definitivamente messi sotto scacco. Negli anni recenti, la società di Vincent Bolloré aveva scalato Mediaset, arrivando al 28,8% del suo capitale, salvo vedersi “congelata” dall’AgCom la quota eccedente il 9,9%. Ora che sarebbe palese che la holding di casa Berlusconi, Fininvest, continuerà a detenere il controllo, pur con una quota inferiore al 50% (oggi intorno al 44%) e persino calante nella prospettiva di nuove alleanze, non avrebbe senso per Vivendi sperare ancora di potere scalzare gli ex amici in assemblea.

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A questo punto, due le strade che le si aprono davanti: mantenere la quota da una posizione di minoranza – e in tal senso si è espresso Piersilvio – oppure vendere le azioni, ma andando incontro a una minusvalenza complessiva di 230 milioni, avendole acquistate per 1,2 miliardi e valendo oggi sui 970 milioni. Per essere più chiari, il diritto olandese consentirà a una delle principali società tricolori di restare saldamente in mani italiane, anzi di espandersi all’estero e rilevare il controllo di altri gruppi. A dimostrazione di quanto le normative attirino i capitali o ne disincentivino l’afflusso. Sono anche queste le riforme di cui avremmo bisogno per crescere. E potrebbero vararsi a costo zero.

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