Chiamatelo un ritorno di fiamma o molto più pragmaticamente scelta obbligata. Nel fine settimana, il presidente Recep Tayyip Erdogan ha nominato ministro delle Finanze tale Mehmet Simsek, 56 anni, affatto un novello. Era stato già ministro – e nello stesso ruolo – tra il 2009 e il 2015. Tra il 2015 e il 2018, poi, era diventato vice-premier, prima che la carica di capo del governo fosse abolita e ricondotta alla figura del capo dello stato. La lira turca nel frattempo va sempre più giù. Il suo tasso di cambio contro il dollaro nella mattinata si aggirava intorno a 21,15.

Quest’anno, perde l’11,6%. E’ ancora niente, se è vero che per Goldman Sachs arriverà a 25 a fine anno e a 28 entro nove mesi.

Simsek è uomo graditissimo ai mercati finanziari. Erdogan se l’è ripreso proprio per questa ragione. Quando festeggiò sul balcone la vittoria alle elezioni presidenziali del 28 maggio, promise una “gestione finanziaria di tutto rispetto sul piano internazionale”. Il “sultano” si è reso conto di avere bisogno di cambiare politica per combattere l’inflazione, esplosa fino all’85,5% in ottobre e ancora a maggio al 39,59%. E Simsek è l’uomo giusto per questo obiettivo. A lui si deve in buona parte il “miracolo turco” dell’ultimo ventennio.

Simsek serve ad attirare fiducia mercati

L’uomo è noto per le sue politiche ortodosse, che ha promesso di implementare anche stavolta. Prima della nomina, ha per settimane negoziato con Erdogan l’autonomia e il tempo indispensabili per ottenere risultati. Adesso, tutti guardano a lui per capire cosa accadrà alla lira turca. I controlli sul cambio dovrebbero progressivamente essere eliminati. Ciò si tradurrà in una maxi-svalutazione, necessaria per impedire il prosciugamento delle riserve. Allo stesso tempo, il ministro si pone come obiettivo finanze statali ordinate e un freno agli investimenti pubblici.

Resta il fatto che il destino della lira turca sia perlopiù in mano alla banca centrale, verso la quale il ministro delle Finanze non ha poteri pregnanti.

Chissà se tra le richieste di Simsek non vi sia stata anche la rimozione del governatore Sahap Kavcioglu. Questi ha assecondato i desiderata di Erdogan e dal settembre del 2021, a sei mesi dalla nomina, ha iniziato a tagliare i tassi d’interesse fino a portarli all’8,50%. Nel frattempo, l’inflazione esplodeva sotto i suoi occhi noncuranti. La testa del governatore servirebbe per attirare nuova fiducia tra gli investitori internazionali.

Lo schema a sostegno dei depositi in lira turca non sarebbe soppresso nell’immediato. Risultano investiti 125 miliardi di dollari in esso. Dalla fine del 2021 ha consentito al cambio di frenare la caduta grazie alle conversioni in valuta locale dei risparmiatori. Ma trattasi di un programma costoso e inefficiente, visto che lo stato copre la differenza tra deprezzamento del cambio e tassi d’interesse offerti dalle banche. C’è aria di un parziale ritorno all’ortodossia di politica economica in Turchia, sebbene un’inversione ad U resti molto improbabile.

Lira turca giù e verso maxi-svalutazione

Nei primi cento giorni Simsek dovrà convincere a sufficienza i mercati di avere in mano il destino dell’economia domestica e di saper andare nella giusta direzione. In ogni caso, la lira turca non se ne avvantaggerà. Da un lato, la maggiore fiducia che la nuova policy attirerà tra gli investitori rafforzerebbe il cambio, dall’altro aumenta le aspettative di svalutazione quale atto naturale per gestire al meglio le relazioni finanziarie e commerciali con il resto del mondo. Semmai, la nomina di Simsek consentirebbe alla lira turca di precipitare un po’ meno di quanto fosse avvenuto senza un uomo rispettabile a guidare le Finanze.

Per contenere l’inflazione saranno indispensabili tagli alla spesa pubblica. In particolare, a sussidi e stipendi pubblici, cresciuti a dismisura negli ultimi tempi.

Insomma, ci sarà un po’ di austerità fiscale. Se accompagnata da un aumento dei tassi d’interesse, l’impatto sui tassi di crescita sarà inevitabile. Erdogan accetterà tutto ciò dopo avere vinto le elezioni per un pelo? O forse non rimetterà tutto e tutti in discussione come sempre alla prima caduta del credito? Probabile anche, però, che approfitti di questa prima fase del suo ennesimo mandato per rimettere in sesto l’economia anche con misure impopolari, ma inevitabili. Ci sarebbe tutto il tempo per recuperare il consenso.

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