La nuova Commissione europea nascerà guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen, uscita per un soffio vincente dal voto dell’Europarlamento e con l’appoggio determinante degli esponenti del Movimento 5 Stelle, con cui praticamente ella non condivide nulla. La Germania ha dovuto cedere la massima carica della BCE alla Francia, non disponendo di un proprio candidato governatore unificante nell’Eurozona, mentre qualche giorno fa è stata battuta dall’inedita alleanza tra Francia e Italia, oltre alla Spagna, sulla candidatura del prossimo direttore generale del Fondo Monetario Internazionale.

Se l’asse franco-tedesco ha fatto il pieno con il rinnovo delle cariche europee di giugno-luglio, per la Germania è stata l’esibizione di una forza, che a conti fatti ha dimostrato di non possedere, se non confidando nel sostegno della Francia e in cambio di laute concessioni al suo presidente Emmanuel Macron.

La guerra delle valute è stata scatenata dagli errori di Merkel e Draghi

I sondaggi fotografano un panorama politico sempre più caotico e devastante per i due principali schieramenti. L’ultima rilevazione INSA assegna alla CDU-CSU della cancelliera Angela Merkel il 27,5%, mentre gli alleati socialdemocratici dell’SPD crollerebbero al nuovo minimo storico dell’11,5%. Avanzano nettamente gli euro-scettici dell’AfD al 15%, così come restano molto forti i Verdi al 23,5%. E le elezioni regionali in tre Laender orientali, tutti in programma tra poche settimane, danno in vantaggio, pur di poco, l’AfD sulla CDU, un fatto che avrebbe ripercussioni d’immagine molto forti in Germania. Tutto questo, mentre l’SPD staccherebbe la spina al governo federale per evitare la definitiva scomparsa alle prossime elezioni.

La Germania è leader dell’Unione Europea e, in particolare, dell’Eurozona. E proprio quando servirebbe capire come muoversi per riattivare la crescita spentasi nel Vecchio Continente e gestire dossier importanti come Brexit e tensioni commerciali internazionali, la leadership viene meno. La Francia cerca da tempo di approfittare del vuoto per sostituirsi gradualmente alla partner, ma la debolezza politica interna di Macron costituisce un limite assai difficile da superare per centrare l’obiettivo.

E questo è un problema, perché la von der Leyen rischia di debuttare senza reale sostegno dal suo stesso paese di origine e, comunque, priva di quelle alleanze geo-politiche necessarie per tenere assieme un quadro così composito come quello europeo.

Merkel a fine corsa, Germania ed Europa senza guida

La caduta della leadership merkeliana non implica anche la fine delle politiche di austerità fiscale, semmai l’assenza di valutazioni alternative e/o da affiancare a una politica monetaria che si preannuncia per il prossimo futuro ancora più accomodante. E così, Christine Lagarde a Francoforte si troverà a gestire gli stessi problemi che l’uscente Mario Draghi le avrà lasciato in eredità, ossia la conduzione di una politica monetaria avulsa dal resto della politica economica, lasciata sola a risolvere ogni difficoltà che si presenti nell’area, a causa dell’assenza di risposte sul piano fiscale, anche da parte dei governi che disporrebbero dei margini per farlo. Vedasi Germania e Olanda, in primis.

E’ la Germania in crisi: ecco perché la Merkel non ha mandato un tedesco alla BCE

Berlino non decide più nulla in casa, il suo governo sta in letargo praticamente da quando è nato nel marzo dello scorso anno, perché se si azzardasse ad affrontare un qualche capitolo, le divisioni tra i due partiti della maggioranza esploderebbero. L’SPD non può più concedere nulla ai conservatori su temi come economia, lavoro e ambiente, né i secondi possono permettersi di spostarsi ancora più a sinistra, rischiando lo sfaldamento a favore dell’AfD e dei liberali dell’FDP. Quello tedesco sembra l’ultimo governo Andreotti di inizio anni Novanta, quando per non sbagliare e scontentare qualcuno, a Roma non si muoveva un solo foglio.

E il punto è che la stessa Germania avrebbe bisogno di scelte, perché la sua economia arranca, forse entro fine anno andrà persino in recessione o la sfiorerà e con ciò aggraverà la stagnazione europea. Di soli rendimenti negativi non si vive, né di solo surplus fiscale, specie se entrambi sono frutto di alte tasse che frenano consumi e investimenti privati e di sotto-investimenti pubblici, che andranno a discapito della crescita futura.

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