Niente semifinale di Coppa Italia stasera a Torino. Juventus e Milan non scenderanno in campo, perché la partita è stata annullata a causa dell’emergenza Coronavirus. Nemmeno l’altra semifinale, quella tra Napoli e Inter è stata disputata e rinviata a data da destinarsi. Un altro tassello che va a comporre il quadro caotico in cui è sprofondata la Serie A tra partite giocate, altre rinviate e il rifiuto dei dirigenti di far giocare le proprie squadre a porte chiuse. L’interesse pubblico alla salvaguardia della salute si scontra come mai prima con quello privato delle società.

Giocare senza tifosi sugli spalti non è solo brutto da vedere, come con un pizzico d’ipocrisia dichiarano i manager dei club, bensì pure negativo per le entrate.

Calcio di Serie A nel pallone: Coronavirus manda in corto circuito gli interessi dei club

Una big match al San Siro, ad esempio, può arrivare a fare introitare tra 5 e 6 milioni di euro, mentre all’Allianz Stadium di Torino le cifre sono più basse (sui 3 milioni), a causa della minore capienza dell’impianto, pur plurimilionarie. Il problema non sta riguardando solo le partite di queste giornate, perché la Premier League sta discutendo seriamente se far giocare il resto del campionato interamente e dappertutto a porte chiuse, nel caso in cui l’emergenza Coronavirus dovesse acuirsi.

Partite a porte chiuse?

Gli assembramenti sono occasione di diffusione del virus e gli stati non sarebbero in grado di reggere afflussi record e costanti di ricoverati nei reparti di terapia intensiva. I sistemi sanitari stanno rischiano il collasso, per cui occorrono provvedimenti draconiani e, si spera, efficaci. Ma il punto è che i mancati introiti degli stadi colpirebbero in maniera pesante i bilanci di quelle squadre con alti costi incomprimibili, come gli stipendi dei giocatori. Juventus e Milan sono tra i club italiani a rischiare di più.

I bianconeri hanno chiuso il primo semestre in rosso per oltre 50 milioni, mentre i rossoneri sono stati sanzionati dalla UEFA per avere infranto il “Fair Play Finanziario”, estromessi dalle coppe europee per quest’anno e ritrovandosi con limitazioni al proprio calciomercato.

Gli incassi allo stadio per la Juve sono stati superiori ai 71,4 milioni di euro nella stagione scorsa, incidendo per il 12% dei ricavi totali. Il dato comprende anche le gare casalinghe per la Champions League. Poiché la Juve risulta ancora dover giocare altre 8 partite di campionato in casa, oltre alla semifinale di Coppa Italia rinviata e almeno alla gara di ritorno contro il Lione per i quarti di Champions, nel caso in cui anche la Lega adottasse la soluzione estrema delle partite a porte chiuse fino a giugno, le perdite per la società di Andrea Agnelli potrebbero stimarsi in una ventina di milioni di euro. Una bella batosta per il club con la rosa più costosa della Serie A.

Il sistema calcio sta andando in tilt un po’ in tutta Europa. Anche la Liga spagnola è sotto pressione dal governo di Madrid per far giocare a porte chiuse le gare di Europa League tra Valencia e Atalanta e tra Getafe e Inter. La richiesta esplicita è arrivata dal ministro della Sanità, Salvador Illa, considerando che il pubblico delle squadre ospiti arrivi dalla Lombardia, al momento la principale area a rischio del continente per il Coronavirus. E la stessa Bundesliga ci sta pensando, anche perché la zona con il più alto numero di contagi della Germania risulta al momento il Nord-Reno Vestfalia, la regione che ospita squadre come Borussia Dortmund, Moenchengladbach e Duesseldorf.

Colpito un business miliardario

Nei giorni scorsi, il presidente FIFA, Gianni Infantino, non ha escluso che vengano cancellati gli europei di calcio, che dovrebbero disputarsi questa estate in varie nazioni del continente, tra cui Italia e Germania.

Se da qui a qualche mese l’emergenza non sarà rientrata, difficile che possa essere dato l’ok alle gare in città considerate ad alto rischio di contagio. Insomma, per la prima volta in epoca di pace, il calcio europeo si sta fermando. E lungi dall’essere un argomento d’interesse per soli tifosi, stiamo parlando di uno dei principali settori economici di tutta Europa, il cui giro d’affari rischia di implodere.

Del resto, il governo italiano non esclude la chiusura delle scuole a tempo indeterminato in tutta Italia, per quanto il premier Giuseppe Conte abbia spiegato che la decisione se far giocare o meno le partite a porte chiuse debba essere presa dalla Lega, quasi a volersi lavare le mani da una questione scottante, comunque la si pensi. E sarebbe abbastanza strano che la stessa nazione che vieta di tenere lezioni in aula consenta al contempo a decine di migliaia di persone di riunirsi in uno spazio ristretto per seguire una gara. O l’emergenza sanitaria scatta per tutti o per nessuno. Ma con un’economia in piena recessione, l’Italia tutto deve sperare, tranne che di comparto a comparto si fermino le sue attività produttive. E il calcio non è solo uno sport, ma anche e, soprattutto, un business da decine di migliaia di posti di lavoro, specie se si allarga lo sguardo all’indotto.

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