Il PIL nel primo trimestre è stato rivisto al rialzo: +0,1% sul trimestre precedente, anziché il -0,2% delle stime preliminari. L’economia italiana è momentaneamente scampata alla recessione, ma le sue prospettive a breve restano flebili. L’ISTAT ha rivisto al ribasso le stime di crescita per quest’anno da +4,7% a +2,8%. Il dato risulta inferiore al 3,1% indicato nel DEF dal governo Draghi, a sua volta rivisto da +4,7%. Per l’anno prossimo, poi, è prevista una crescita dell’1,9%. Secondo l’istituto di statistica, i rischi restano “elevati” tra inflazione, esportazioni e rialzo dei tassi.

Praticamente, in un solo colpo stanno venendo meno tutte le direttrici della crescita del decennio passato.

Per l’economia italiana, prospettive abbastanza fosche. Nel 2019, l’anno precedente alla pandemia, il nostro PIL reale era ancora di quasi il 4% più basso del 2007, l’anno che precedette la crisi finanziaria mondiale. Nel 2020, esso crollò del 9%, risalendo del 6,6% nel 2021. Questo significa che nel 2021 il PIL reale italiano era del 3% inferiore al 2019 e di circa il 6,5% più basso del 2007. Se le previsioni ISTAT fossero confermate, al termine di quest’anno le dimensioni dell’economia italiana resteranno inferiori a quelle pre-pandemia. E alla fine del 2023, saranno ancora una volta inferiori a quelle del 2007 per oltre il 2%. Di questo passo, saranno trascorsi quasi 20 anni prima di avere recuperato i livelli di ricchezza precedenti alla grande crisi finanziaria mondiale.

Economia italiana tra debito, tassi e PNRR

Questa sfilza di numeri serve a spiegare un concetto: al di là delle crisi cicliche o provocati da eventi imprevisti, che tendono a colpire simmetricamente tutti i paesi, l’economia italiana non mostra capacità di recupero. Ci siamo entusiasmati per il rimbalzo del PIL dello scorso anno, ma abbiamo omesso di ricordare che esso fosse un recupero parziale delle perdite accusate l’anno precedente. Inoltre, nel resto d’Europa le cose sono andate complessivamente meglio nel biennio considerato.

Infine, il +6,6% è stato possibile con un deficit pubblico superiore al 7% del PIL, mentre nel 2020 abbiamo registrato un disavanzo del 9,5%.

In parole semplici, a fronte di un indebitamento che al termine del 2022 sarà salito di 370 miliardi in tre anni, non siamo stati capaci neppure di recuperare appieno il PIL perduto a causa della pandemia. E dopo il 2023, i tassi di crescita per l’economia italiana sono attesi “normalizzarsi” con il venir meno dell’effetto rimbalzo post-pandemia. E dire che abbiamo suonato la fanfara per accogliere il varo del PNRR, che a dire dei più stimolerà la crescita e ridurrà il gap con il resto dell’Eurozona. Sta accadendo il contrario. E il peggio dovrà arrivare con tassi d’interesse e cambio più alti. L’economia italiana nel decennio passato si è retta in piedi su bassi tassi ed euro debole. Quell’epoca volge del tutto al termine.

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