Venerdì 10 novembre, gli occhi dei mercati finanziari erano puntati sull’Italia per sapere cosa avrebbe deciso l’agenzia Fitch sul rating sovrano tricolore. Giudizio confermato a BBB e outlook stabile. Un po’ era nelle previsioni, sebbene i più pessimisti paventassero un rischio “downgrade”. Invece, la novità è arrivata dagli Stati Uniti, il cui debito è stato messo sotto osservazione da Moody’s: outlook tagliato da stabile a negativo. In altre parole, l’ultimo rating tripla A assegnato a Washington rischia il declassamento nei prossimi mesi.

Debito Stati Uniti meno affidabile dopo 2008

Era il 5 agosto del 2011 quando S&P declassò il debito degli Stati Uniti da AAA ad AA+. Fu uno choc per i mercati finanziari e i governi di tutto il mondo. La superpotenza era considerata per la prima volta nella sua storia un po’ meno solida. Eravamo in piena era Obama, la crisi finanziaria mondiale del 2008 aveva lasciato grossi strascichi e in Europa si respirava aria di spread. Da allora il rapporto tra debito e PIL non ha fatto che salire, portandosi a poco meno del 130% di fine 2022. Era sotto il 65% nel 2007.

L’economia americana cresce a ritmi relativamente sostenuti. Tant’è che il segretario al Tesoro, Janet Yellen, lo ha voluto ribadire dopo l’annuncio di Moody’s. Aveva fatto lo stesso ad agosto. Le divisioni politiche assumono un’importanza rilevante nelle decisioni delle agenzie. Poiché le parti non riescono a mettersi d’accordo su come risanare i conti pubblici, c’è pessimismo sulla futura sostenibilità fiscale. Il debito negli Stati Uniti è atteso esplodere sopra il 180% del PIL al 2053, stando a un rapporto dell’Ufficio Bilancio del Congresso.

Bilancio fuori controllo a Washington

Siamo alla fine di un’era. I Treasuries, spiega Yellen, sono l’asset più sicuro al mondo. E ha ragione. In assenza di alternative valide, i titoli del debito degli Stati Uniti sono un investimento sicuro per chi volesse mettersi al riparo dai rischi finanziari e geopolitici.

Ma questa sicurezza poggia sulla fiducia, che negli ultimi anni sta venendo meno. Anzitutto, in Asia, dove la Cina orchestra un ampio fronte di paesi che puntano ad allentare la loro dipendenza dal dollaro. Il punto non è solo fare la “guerra” alla finanza a stelle e strisce. Soprattutto con le sanzioni alla Russia, c’è mezzo mondo che si chiede se sia davvero sicuro portare i capitali in Occidente, dove potrebbero sequestrarteli per ragioni politiche.

Mentre la credibilità scricchiola, a Washington di tendere all’equilibrio di bilancio non se ne parla. Il debito aumenta a ritmi galoppanti. Persino in questi anni di crescita, il disavanzo fiscale viaggia sui 2-3 mila miliardi di dollari. Da una parte ci sono i repubblicani che vogliono tagliare le tasse, dall’altro i democratici che vogliono aumentare le spese. Tutto rigorosamente in deficit. E la Federal Reserve ha offerto loro l’illusione che ciò sia possibile azzerando i tassi di interesse e acquistando Treasuries per lunghissimi anni. Ora che i tassi sono saliti al 5,50% e che gli acquisti dei bond sono cessati, la spesa per interessi sta esplodendo sopra i mille miliardi all’anno.

Guerre causa crollo imperi

In fondo, nella storia tutti gli imperi sono crollati a causa del debito, spesso impennatosi a causa delle guerre necessarie per evitare lo sgretolamento territoriale. E sembra che stia accadendo lo stesso per gli Stati Uniti, che una superpotenza lo sono da oltre un secolo. Dovettero porre fine all’ordine monetario nato dopo la Seconda Guerra Mondiale (Bretton Woods) nel 1971 per gli ingenti deficit commerciali e fiscali registrati e in parte dovuti alla guerra in Vietnam. Dalle Torri Gemelle in poi, le guerre hanno devastato i conti pubblici americani senza esitare alcun contribuito concreto in termini di stabilità geopolitica e di rafforzamento economico.

Al contrario, tra Afghanistan, Iraq, Primavere Arabe e ora Russia, c’è stato un restringimento progressivo della sfera d’influenza di Washington. Da anni, ad esempio, ha perso totalmente il controllo dell’America Latina. Persino il vicino Messico non è più così amico degli Stati Uniti. E più l’impero è debole, più s’indebita nel tentativo non solo di finanziare campagne belliche fuori confine, ma anche di mantenere una relativa pace sociale al suo interno. Neppure quest’ultimo obiettivo sembra alla portata, se è vero che mai la superpotenza era stata così dilaniata politicamente.

Allarme debito Stati Uniti segno dei tempi

L’allarme delle agenzie sul debito degli Stati Uniti non sarebbe potuto risuonare fino a un quindicennio fa. Nessuno avrebbe anche solo potuto permettersi di immaginare di declassare la vincitrice di due guerre mondiali e della guerra fredda. Il solo fatto che adesso la minaccia esiste ed è persino stata messa in atto da due delle tre agenzie più importanti, è il segno che Casa Bianca e Tesoro facciano molta meno paura di un tempo. Il timore reverenziale verso Washington è in gran parte venuto meno tra chi investe e chi deve per lavoro giudicare l’affidabilità creditizia di stati, banche e aziende. E’ finita un’era, senza che necessariamente ne sia già sorta un’altra.

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