Dicono che la crisi sia (quasi) acqua passata ma la realtà, almeno per il mondo del lavoro, è che tanti, forse troppi italiani, sono costretti ad accettare lavori per pochi euro. Il lavoro nero è a livelli record. A dirlo uno studio del Censis per Confcooperative, secondo cui sono sempre di più le aziende che ricorrono al nero per ridurre i costi del 50% e causano gravi danni alle altre aziende regolari. Per i giovani è un’altra batosta da affrontare visto che si trovano senza assistenza, copertura previdenziale e sanitaria.

Come l’economia sommersa ha sfruttato la crisi

I numeri sono davvero allarmanti. Si parla di evasione contributiva di 10,7 miliardi. A farne le spese i salari medi. A livello orario i dipendenti in regola vengono pagati mediamente 16 euro all’ora mentre le aziende irregolari pagano la metà ossia 8,1 euro all’ora lordi. Tutto ciò ha causato atteggiamenti volti all’accettazione di condizioni lavorative ignobili, l’avere un lavoro ad ogni costo, a discapito della dignità, si stanno diffondendo sempre di più atteggiamenti opportunistici e fenomeni di sfruttamento e illegalità che riguardano in particolar modo individui senza occupazione a causa della crisi. La stima del Censis parla chiaro: tra il 2012 e il 2015, mentre le aziende regolari andavano ad annullare 462 mila posti di lavoro, crescevano le posizioni irregolari di almeno 200mila unità. A livello percentuale, tenendo conto dello stesso periodo, mentre l’occupazione in regola è calata del 2,1%, quella irregolare è cresciuta del 6,3%.

Gli stipendi degli irregolari

Parlando di stipendi il divario è ancora più netto. Nel settore industria si parla di 17,7 euro all’ora per i dipendenti in regola contro 8,2 euro all’ora percepiti da un irregolare. Per i servizi alle imprese si parla di 9,5 euro contro 19,1 euro, nel settore agricoltura da 9,8 si passa a 6,3. Una percentuale di sommerso pari al 60% riguarda soltanto colf e badanti anche se secondo Maurizio Gardini di Confcooperative «Va fatta una distinzione tra i livelli di irregolarità di una badante e quella di un lavoratore sfruttato nei campi o nei cantieri o nel facchinaggio.

Le famiglie evadono per necessità. Negli altri casi si tratta di sfruttamento dei lavoratori che nasce solo per moltiplicare i profitti e mettere fuori gioco le tantissime imprese che competono correttamente sul mercato». Interessanti anche le percentuali di irregolari nelle attività agricole, terziario, alloggi e ristorazione, costruzioni, commercio e attività economiche (tra il 23,4% e il 10,3%).

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Le regioni dove il lavoro irregolare sfiora percentuali più alte

Parliamo infine di regioni e di lavoro irregolare emerge che Calabria e Campania registrano i valori più alti, rispettivamente 9,9% e 8,8%. Male anche Sicilia, Puglia, Sardegna e Molise.

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