Ci sono titoli del debito pubblico italiano presi in prestito per 39 miliardi di euro per essere “shortati”. Mai erano state così elevate le posizioni ribassiste contro l’Italia sin dal 2008. Parola di Financial Times, che giovedì ha pubblicato un articolo nel quale ha lanciato l’allarme sulla tenuta del Bel Paese sui mercati finanziari. I fattori scatenanti questo attacco speculativo sarebbero l’alta inflazione alimentata dalla crisi energetica, la stretta monetaria della BCE e la delicata fase politica. In realtà, le posizioni ribassiste riguarderebbero un po’ tutta l’Unione Europea con scommesse per 382 miliardi, nota MilanoFinanza.

Parliamo delle vendite allo scoperto, una tecnica molto in voga sui mercati per scommettere sul calo dei prezzi di un titolo. Sarebbe il caso di scrivere “ve lo avevamo detto”. Vi ricordate quando a luglio la BCE varò lo scudo anti-spread noto come TPI? In quell’occasione notammo due cose: in primis, che fosse eccessivamente condizionato, limitato e non automatico; insomma, incapace di sventare un attacco speculativo ai danni di un qualche mercato sovrano dell’Eurozona. Secondariamente, che i mercati avrebbero testato la volontà dell’istituto. Ed è quello che sta accadendo.

BCE causa di attacco speculativo

Lo spread tra BTp e Bund a 10 anni rimane relativamente alto, ma in zona comfort. Gli stessi rendimenti sovrani italiani non hanno niente a che vedere con quelli stratosferici raggiunti tra l’autunno del 2011 e l’estate del 2012. Allora, si rese necessario il “whatever it takes” di Mario Draghi per dissuadere gli investitori dal proseguire con l’attacco speculativo contro il Sud Europa. La sola promessa di intervento della BCE funzionò. La credibilità di “Super Mario” non richiese neppure un test per valutarne l’effettiva capacità e volontà di reazione.

Adesso, è diverso. Per lo spread non è scattato l’allarme rosso solo perché la BCE continua a comprare BTp.

Quasi 10 miliardi di euro gli acquisti netti tra giugno e luglio. L’attacco speculativo è partito già da qualche mese – prima della caduta del governo Draghi – ma si vede poco. Ma alla sua origine vi è proprio Francoforte, che si mostra poco credibile nell’arrestare le vendite allo scoperto ai danni dei BTp, in particolare.

Verso compromesso con nuovo governo italiano?

Christine Lagarde non è Draghi. Ha pasticciato fin troppo nelle sue conferenze stampa, tiene una comunicazione erratica e confusa e tentenna tra le posizioni dei “falchi” del Nord Europa e quelle delle “colombe” del Sud. Alla fine ne viene fuori una non linea di politica monetaria. I mercati non capiscono se l’inflazione nell’area sarà contrastata efficacemente o se sarà data priorità all’economia. L’attacco speculativo contro i BTp è la punta dell’iceberg di una più ampia sfiducia verso l’euro. Basta guardare al cambio con il dollaro per rendersene conto.

Cosa accadrà nelle prossime settimane? Se le vendite allo scoperto del debito italiano monteranno ulteriormente, la BCE si vedrà costretta probabilmente a valutare l’attivazione del TPI. Ciò richiederebbe, però, garanzie di vario tipo da parte del nuovo governo italiano. Il nome dell’attuale consigliere esecutivo Fabio Panetta circola già come papabile ministro dell’Economia di un ipotetico governo Meloni. Sarebbe forse la moneta di scambio per ottenere difesa da Francoforte, forse senza neppure necessariamente attivare il TPI. Basterebbe una comunicazione più centrata, un aggiornamento del “whatever it takes” per affievolire l’attacco speculativo. Ma resta il fatto che Lagarde non sia Draghi.

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