Saranno 28 milioni gli italiani che percepiranno il bonus anti-inflazione. Tutti i lavoratori dipendenti e autonomi e i pensionati con redditi fino a 35.000 euro lo riceveranno per fronteggiare il carovita. E’ la misura decisa dal governo Draghi per cercare di dare sollievo ai bilanci familiari, devastati dal caro bollette e, in generale, dal boom dei prezzi al consumo. Per finanziare questo costo che si aggira sui 6 miliardi di euro, il ministro dell’Economia, Daniele Franco, ha fatto presente l’altro ieri che la cosiddetta tassa sugli extra profitti sarà alzata dal 10% al 25%.

Qui, entriamo apparentemente nel tecnico, ma il ragionamento è puramente politico e, se vogliamo, semplice. Le aziende che vendono prodotti energetici, stanno beneficiando in questa fase dell’esplosione delle quotazioni internazionali. Basti guardare i bilanci di ENI, che ha chiuso il primo trimestre con un utile netto di 3,27 miliardi di euro, in crescita di ben 3 miliardi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Il concetto all’origine della stangata

Il ragionamento del governo è questo: grazie al boom dei prezzi dell’energia – petrolio & gas, in primis – diverse società stanno gonfiando gli utili senza alcun “merito”. Si ritrovano semplicemente a fronteggiare costi simili a quelli degli anni passati, ma ad incassare utili ben superiori. Ed ecco spiegato il concetto che sta alla base della tassa sugli extra profitti: un prelievo straordinario sulla differenza tra ricavi e costi ordinari in eccesso rispetto all’anno passato.

La tassa sugli extra profitti è già stata applicata nei primi mesi dell’anno per finanziare il decreto Bollette. Ed è entrata in vigore retroattivamente, cioè gravando sul semestre ottobre2021-marzo2022. Ci sarebbero una Costituzione e uno statuto dei contribuenti a dire altro, ma qui vogliamo dissertare non sul piano giuridico, bensì economico.

Che cos’è un extra profitto? Sarebbe un utile maturato dall’imprenditore in eccesso. Rispetto a che cosa? E qui sta il pericolo di una legislazione di fortuna, che in futuro potrebbe riguardare qualsiasi settore della produzione.

Lo stato ha bisogno di denaro per finanziare sacrosante misure di sostegno a famiglie e imprese, e cerca di prenderlo da coloro che si trovano in una congiuntura fortunata.

Gli extra profitti ci sono ovunque

Questa estate, dopo ben due lunghi anni di restrizioni anti-Covid, il turismo internazionale dovrebbe tornare a muoversi. Milioni di stranieri verranno in vacanza in Italia. In molte località balneari, ci sarà un boom dei turisti. Indipendentemente dal trend dell’inflazione, possiamo immaginare che ristoratori, balneari e titolari di locali da ballo ne approfitteranno per alzare i prezzi. Saranno extra profitti? E in quanto tali, andranno tassati con aliquote straordinarie?

O ancora: durante la pandemia, fummo costretti a restare a casa per via del divieto di uscire prima e del coprifuoco nei mesi successivi. Grazie alle mutate, pur temporaneamente, abitudini degli italiani, i network televisivi fecero più ascolti e fatturarono di più grazie ai maggiori introiti pubblicitari. Perché non abbiamo imposto loro una tassa sugli extra profitti? E che dire delle case farmaceutiche o semplicemente dei farmacisti? E durante un evento pubblico in una città, dovremmo tartassare i tassisti?

Come vedete, una volta che abbiamo sdoganato un principio, rischiamo di farci i conti a ogni occasione e difficilmente potremmo protestare. Se accettiamo che nessuno possa lucrare da una fase particolarmente fortunata, vale per tutti. Anche per l’impresa per cui lavoriamo. Siamo sicuri di volere questo o stiamo sacrificando i principi di correttezza nel rapporto tra stato e contribuenti sull’altare del fabbisogno di denaro?

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