Con l’embargo su petrolio e gas dalla Russia, la già alta inflazione in Germania arriverebbe alla doppia cifra. Lo scrivono industriali e sindacati, che si appellano al governo tedesco per opporsi alla misura estrema da parte dell’Unione Europea. I tedeschi non avrebbero mai immaginato una crescita dei prezzi al consumo così galoppante. Un’inflazione a doppia cifra sarebbe per loro la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale. Colpa certamente della guerra tra Russia e Ucraina, che sta facendo esplodere i prezzi di numerose materie prime, tra cui i prodotti energetici.

Tuttavia, se siamo arrivati a questo punto è fondamentalmente colpa proprio della stessa Germania.

Un decennio di scontri tra BCE e Bundesbank

Quando nel 2011 esplose sui mercati finanziari la crisi dei debiti sovrani nel Sud Europa, anziché cercare una soluzione per sventare gli attacchi speculativi ai danni del bond di Italia e Spagna, la Bundesbank si mise di traverso. Essa impedì alla BCE di reagire in maniera appropriata e risolutiva contro tali attacchi. Sventolò in faccia al governatore Jean-Claude Trichet prima, Mario Draghi dopo e Christine Lagarde adesso lo statuto della BCE, che vieta qualsiasi forma di monetizzazione dei debiti.

Non furono possibili misure mirate per contenere gli spread, per cui si studiarono forme ufficialmente rispettose dello statuto. Nell’estate del 2012, Draghi varò il cosiddetto “Outright Monetary Transactions”, ribattezzato piano anti-spread. Ebbe una pecca sin da subito: avrebbe consentito all’istituto di acquistare bond sovrani in affanno su richiesta dei governi e solo dietro la firma di un memorandum d’intesa sulle riforme. Insomma, un commissariamento e nessun automatismo contro eventuali attacchi speculativi.

E così nel 2015 sempre Draghi varò il “quantitative easing” sull’esempio della Federal Reserve: acquisti di bond sovrani di tutta l’Eurozona per sostenere l’inflazione e farla tendere al target, allora di poco inferiore al 2%.

Con la sola eccezione del 2019, tali acquisti sono andati avanti sino ad oggi, rafforzati durante la pandemia con il PEPP da 1.850 miliardi e cessato a marzo di quest’anno. Nel frattempo, i tassi d’interesse sono stati azzerati. Sui depositi delle banche sono stati portati in negativo. Ufficialmente, tutto con l’obiettivo di centrare la stabilità dei prezzi.

L’inazione della BCE di Lagarde

Adesso che l’inflazione è volata al 7,5% nell’Eurozona, la BCE non ha ancora neppure deciso se alzare i tassi. Finge che si tratti di un fenomeno temporaneo, sebbene nelle ultime settimane abbia iniziato a prendere atto della realtà. L’inazione di Francoforte sta provocando la debolezza dell’euro, che a sua volta accentua l’alta inflazione nell’area. Lagarde teme una nuova crisi dei debiti nel Sud Europa, specie in Italia, con il rialzo dei tassi. Se fosse dotata di un piano anti-spread automatico, non avrebbe tale problema. Ma la Germania si oppone, sostenendo che ciò porterebbe a una monetizzazione mascherata dei debiti nell’area.

La disfatta tedesca con l’alta inflazione

Ebbene, questo atteggiamento ottuso dei tedeschi ha portato ad acquisti incessanti dei bond anche con l’alta inflazione di questi mesi e, per l’appunto, all’instabilità dei prezzi al consumo. In pratica, per ovviare alle critiche della Germania, la BCE si è costruita un insieme di misure che stanno provocando gli stessi problemi temuti dai tedeschi: monetizzazione dei debiti, alta inflazione e disordine fiscale. E adesso l’istituto apre persino allo studio di un meccanismo anti-spread automatico ed efficace.

Per Berlino si tratta di una disfatta storica. Avrebbe voluto difendere l’euro dal lassismo fiscale e monetario del Sud Europa e si ritrova oggi a fare i conti esattamente con questi due fenomeni. Perché in un modo o nell’altro, la BCE deve tutelare i debiti sovrani dagli attacchi speculativi, altrimenti l’euro salterebbe in aria.

E poiché nessuno vuole arrivare a un simile scenario, la Germania ha dovuto ingoiare il rospo ed accettare quello che formalmente rifiuta di accettare. Voleva combattere l’inflazione e ha ottenuto alta inflazione; voleva bilanci pubblici ordinati e si ritrova gran parte dell’Eurozona con debiti fuori controllo. Un indubbio successo.

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