L’economia tedesca è probabilmente caduta già in recessione. Nel primo trimestre di quest’anno, il PIL della Germania sarebbe diminuito rispetto ai tre mesi precedenti per la seconda volta consecutiva. La fiducia dei consumatori a marzo è scesa a -15,5 punti dai -8,5 di febbraio. Ed è risultato particolarmente negativo il dato sulle aspettative relative al reddito: -22,1 punti, in calo di 25 in un solo mese. Uno studio realizzato dall’Accademia Nazionale delle Scienze Leopoldina ha trovato che un boicottaggio energetico della Germania ai danni della Russia infliggerebbe alla prima un calo del PIL nell’ordine di 0,5-3%.

Questa settimana, il cancelliere Olaf Scholz non si è unito al coro americano lanciato dal presidente Joe Biden per chiedere nuove sanzioni contro la Russia. Anzi, ha prospettato persino una riduzione delle sanzioni comminate nel caso in cui Russia e Ucraina dovessero accordarsi su una tregua. La posizione di Francia e Italia appare più sfumata. Sta di certo che Berlino in questa guerra si stia mostrando molto più moderata di tutte le altre capitali europee: sì alle sanzioni contro la Russia, persino durissime, ma porta aperta al dialogo e nessun boicottaggio subitaneo di petrolio e gas.

L’economia tedesca non sopravvivrebbe senza energia, così come nessun’altra nel mondo. La sua dipendenza dalle forniture russe è elevatissima, sebbene il governo federale punti a dimezzarla entro l’anno e ad azzerarla in un paio di anni. Il vice-cancelliere Robert Habeck, esponente dei Verdi e anche ministro dell’Economia e della Protezione ambientale, si è recato in Qatar per sottoscrivere accordi per ricevere gas dall’emirato nei prossimi dieci anni. Ma i tedeschi non hanno ancora i rigassificatori per riconvertire il gas liquido importato. Nel frattempo, lo stesso Habeck ha lanciato il primo dei tre segnali di allarme, avvertendo consumatori e imprese in Germania che saranno possibili razionamenti energetici.

Li ha invitati a ridurre autonomamente i consumi di gas; “ogni kilo-wattora conta”, ha dichiarato.

Le sanzioni alla Russia fanno male anche ai Bund

La “locomotiva d’Europa” aveva ingranato la marcia indietro già alla fine del 2021, adesso i segnali di crisi si vanno moltiplicando. Il rendimento decennale tedesco è esploso in tre mesi e mezzo di oltre l’1%, arrivando allo 0,65%. Da quando la guerra è iniziata, lo spread BTp-Bund si è ristretto di una quindicina di punti, segno che ad essere saliti più velocemente sono stati i rendimenti tedeschi rispetto agli italiani. Il mercato sta scontando un impatto fortemente negativo sull’economia tedesca dalle sanzioni alla Russia, più che altrove. Peraltro, questa è la prima volta dopo tanti decenni che la Germania si ritrova a fare i conti con tassi d’inflazione elevati e senza neppure avere la possibilità di gestirli direttamente, essendo la politica monetaria delegata alla BCE.

Scholz non ha certo intenzione di rompere l’unità occidentale a sostegno dell’Ucraina e contro l’invasione russa. Ma la pazienza dei tedeschi non sarà infinita. Se il tempo rema contro Mosca, non è che giochi a favore di Berlino. Da oggi, con l’entrata in vigore della richiesta russa di pagare il gas in rubli, siamo entrati in un territorio inesplorato. Fatto salvo che nessun paese europeo vorrà accettare tale sollecito, nessuno sa cosa accadrà alle forniture. La Germania ha già dovuto rinunciare definitivamente al gasdotto North Stream 2, già costruito e semplicemente in attesa delle autorizzazioni legali tedesche. Sa di avere pagato un altissimo prezzo per la guerra, ma non vuole trasformarsi in agnello sacrificale sull’altare dell’amministrazione Biden.

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