La lettura degli ordini industriali in Germania nel mese di ottobre ha colorato di grigio il quadro sulla ripresa dell’economia mondiale. Il dato mensile è risultato negativo del 6,9%, quello annuale dell’1%. Si è trattato del secondo calo in tre mesi, dopo il -8,8% di agosto, seguito dal +1,8% di settembre. Ed è la composizione di questo dato ad offrire un’interpretazione più dettagliata circa quanto starebbe accadendo nel mondo: -3,4% gli ordini domestici, -13,1% gli ordini esteri. In particolare, -3,2% dall’Eurozona e -18,1% dal resto del mondo.

Il vero crollo lo hanno subito gli ordini all’infuori dell’Eurozona, ovvero da Americhe e Asia-Oceania. A cosa è dovuto? I soliti colli di bottiglia, che starebbero facendo procedere le produzioni a singhiozzo. Ad ottobre, la Cina ha inasprito alcune restrizioni anti-Covid, al contempo tagliando la produzione di prodotti altamente inquinanti come l’acciaio per combattere la crisi energetica e ambientale, finendo per provocare una carenza di semi-lavorati nel resto del mondo.

Ripresa dell’economia globale sotto le lenti

E’ la dimostrazione, anzitutto, che i dati macro restano altalenanti, esposti all’alta volatilità. E che la ripresa dell’economia continua ad essere tutt’altro che certa. La Germania è una grossa potenza esportatrice, per cui le variazioni dei suoi interscambi commerciali sono considerate una sorta di proxy per leggervi l’andamento dell’economia mondiale. Peraltro, in virtù di questa sua vocazione all’export, il crollo inatteso di ottobre rischia di impattare negativamente sul PIL tedesco di quest’anno e, a cascata, sul resto dell’Eurozona.

Tanto per farvi un esempio, buona parte delle imprese italiane locate nel Nord-Est vende al comparto automotive tedesco. Se questo si ferma, anche parte della produzione industriale italiana cade. Proprio le auto sono state particolarmente colpite, così come gli elettrodomestici e l’elettronica di consumo, dalla carenza di chip. In questo senso, più che a rispecchiare una ripresa dell’economia globale incerta, il dato tedesco sarebbe il risultato di una crisi sanitaria ancora non cessata.

Basta un focolaio in uno stabilimento di chip a Taiwan o in Cina per fermare gli impianti di tutte le migliaia di società clienti nel mondo.

Non stanno giovando due elementi tutti interni alla Germania: il boom dei contagi e dei morti da Covid, che sta spingendo il governo federale uscente a imporre nuove restrizioni; la transizione politica, con la coalizione “semaforo” (socialdemocratici, Verdi e liberali) a guidare il prossimo esecutivo presieduto dal cancelliere in pectore Olaf Scholz e del quale programma non si conoscono ancora grossi dettagli. Poco sappiamo su come intenderà il futuro capo del governo affrontare nodi cruciali come le relazioni con Russia e Cina, la politica fiscale tedesca ed europea, la transizione ecologica, la digitalizzazione e il sostegno agli investimenti. L’incertezza dopo il lungo regno merkeliano non sostiene l’umore di consumatori e imprese in Germania.

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