Sul Decreto Aiuti il Movimento 5 Stelle ha “strappato” con il governo Draghi. L’astensione alla Camera precede un probabile voto contrario al Senato. Il premier Mario Draghi ha avvertito lunedì sera la necessità di salire al Quirinale per riferire al presidente Sergio Mattarella. Ufficialmente, i due hanno parlato di crisi energetica e politica estera, ma appare improbabile che non abbiano discusso dell’eventuale crisi di governo. In serata, l’ex premier Silvio Berlusconi ha chiesto una “verifica di maggioranza” per fare il punto sullo stato di salute dell’esecutivo.

A Francoforte già la Bundesbank si frega le mani. I “soliti italiani” le hanno servito un assist davanti alla porta vuota.

Battaglia su scudo anti-spread

Giovedì 21 luglio, il board BCE varerà il primo rialzo dei tassi d’interesse dal 2011. In quell’occasione, poi, saranno resi noti i dettagli sul cosiddetto scudo anti-spread. Il piano, annunciato a giugno dopo una riunione d’emergenza, punta a contrastare la frammentazione monetaria nell’Eurozona. Nei fatti, si tratta di uno strumento a sostegno dei BTp e, in misura assai minore, dei Bonos.

Con il passare delle settimane, le caratteristiche di questo scudo appaiono sempre meno efficaci per calmierare i rendimenti italiani. Il governatore tedesco Joachim Nagel lo ha costellato di ben sei condizioni. Prima erano stati alcuni suoi colleghi del Nord Europa ad avere messo in chiaro che non ci saranno aiuti automatici e incondizionati ai bond del Sud Europa.

La crisi del governo Draghi porta acqua al mulino dei “falchi”. Avranno buon gioco a fare presente in questi giorni di preparazione e al board BCE che l’Italia non sia un soggetto affidabile. Inventarsi uno strumento di sostegno automatico ai suoi titoli di stato senza condizioni e limiti accrescerebbe l’irresponsabilità politica di una nazione già percepita all’estero come altamente instabile e senza alcuna meta.

Crisi governo Draghi assist per Bundesbank

Soprattutto, lo scudo anti-spread rischia di diventare il bancomat con cui i partiti della maggioranza extra-large vorranno finanziare le rispettive campagne elettorali nei prossimi mesi. Il messaggio che le istituzioni comunitarie lanceranno a Roma già a partire dal board BCE sarà inequivocabile: “prima vedere cammello”. Non ci sarà alcun intervento straordinario contro lo spread se prima il governo italiano non avrà garantito Bruxelles (e Francoforte) con una legge di Stabilità all’insegna della prudenza fiscale.

Qualcuno commenta sui giornali italiani che Draghi sarebbe l’ultima garanzia per evitare l’arrivo della Troika in Italia. In realtà, egli stesso rappresenta la Troika, pur in una versione molto più accettabile di quella che si ebbe con il Prof Mario Monti tra il 2011 e il 2013. Se Draghi fallisce, costretto a dimettersi per il ritiro dei 5 Stelle dalla maggioranza, non ci sarà spread che convinca la BCE ad acquistare BTp. Lo scudo verrebbe attuato solamente fino al punto di evitare una ben più ampia crisi finanziaria nell’area, ma la pressione sui bond sarebbe lasciata ai massimi livelli. Il pensiero a Bruxelles non è cambiato: “i mercati dovranno insegnare agli italiani a votare”.

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