E’ uno shock, non esistono mezzi termini. Ieri, è andata in scena la caduta della Nazionale di Calcio italiana, che per la prima volta dal 1958 non parteciperà alla finale di un Mondiale, quello di Russia 2018. Le lacrime di Gigi Buffon a fine partita, dopo lo 0-0 con la Svezia allo stadio San Siro di Milano, esprimono tutta l’amarezza di 60 milioni di connazionali, che dopo 60 anni non avranno la possibilità di seguire la loro squadra per la massima competizione calcistica. Disse Winston Churchill di noi: “gli italiani perdono le guerre come fossero partite di calcio e le partite di calcio come fossero guerre”.

E aveva ragione. Il calcio per l’Italia è qualcosa che va oltre una semplice manifestazione sportiva, è parte integrante della nostra identità nazionale, forse l’unico momento in cui da Bolzano a Pantelleria ci si sente stretti intorno a un obiettivo e colori comuni.

Sarà uno shock non privo di effetti quant’è accaduto ieri. Anche in termini economici, le conseguenze per l’esclusione dal Mondiale di Russia 2018 saranno potenzialmente negative e visibili. Iniziamo da un dato: la Nazionale avrebbe incassato 8 milioni di dollari con il solo accesso alla fase a gironi, più 1,3 milioni per coprire i costi di preparazione. Nel caso in cui, poi, fosse stata in grado di arrivare agli ottavi, avrebbe preso 11,6 milioni e i quarti di finale le avrebbero assicurato 15 milioni. Arrivare in finale ci avrebbe fatto incassare una cifra di almeno 28 milioni arrivando secondi, 38 alzando la coppa al cielo.

La caduta degli azzurri

E passiamo agli sponsor. La maglia azzurra ne ha 21 e c’è da scommettere che il tragico epilogo di ieri avrà effetti depressivi sul rinnovo di tali contratti. E si pensi, ad esempio, che nell’anno del Mondiale in Brasile, le royalties fruttarono 2,7 milioni, circa la metà dell’intero fatturato del merchandising per la Nazionale dell’anno.

C’è, poi, anche la grande questione dei diritti televisivi. L’audience, come noto, si impenna per le partite degli azzurri, con una media agli ultimi mondiali che ha toccato il record di 17,7 milioni di telespettatori. Rai e Sky si sono aggiudicate le passate edizioni, con la TV pubblica ad avere sborsato 360 milioni per mandare in onda i match più significativi di Sudafrica e Brasile. L’asta per i prossimi due mondiali deve ancora essere aggiudicata, ma si farebbe avanti adesso anche Mediaset, segno che dopo ieri i numeri sarebbero molto meno significativi, ovvero decisamente inferiori ai 180 milioni in media delle ultime due tornate. D’altra parte, se vi sarà sempre un zoccolo duro di telespettatori che seguirà le partite delle altre nazionali per puro spirito sportivo, il grosso del pubblico episodico cambierà canale. E Rai e Sky hanno incassato agli ultimi mondiali rispettivamente 70 e 40 milioni netti. (Leggi anche: Mondiale Calcio 2018: diretta TV sorteggio playoff)

La sola FIGC, i cui dirigenti mediteranno fino a domani sera quali decisioni assumere dopo l’eclatante flop, subirebbe una grossa perdita dagli introiti commerciali, anche se il contratto quadriennale siglato nel 2014 con Infront le garantisce 14,25 milioni all’anno, a cui si aggiungono i 18 milioni fissi dello sponsor Puma, il cui contratto resta valido (per fortuna) fino al 2022.

Più in generale, il rischio più grave sarebbe la perdita di appeal della maglia azzurra, almeno sul piano delle sponsorizzazioni e del seguito tra il grande pubblico. Finito il Mondiale di Russia 2018, al quale non parteciperemo, la prima partita ufficiale che la nostra Nazionale disputerà sarà nel marzo del 2019 per le qualificazioni agli Europei, ovvero tra ben 16 mesi. Un periodo così digiuno di sfide, con l’attenzione mediatica che inevitabilmente dovrà concentrarsi sulle nazionali che hanno acceduto alla fase a gironi, potrebbe colpire l’appetibilità del marchio azzurro, anche considerando che ieri, in pochi minuti, hanno annunciato la fine della loro carriera in Nazionale giocatori storici e di peso per l’immaginario collettivo, come Buffon, Daniele De Rossi e Andrea Barzagli, nomi che tirano tra milioni di tifosi.

Effetti sull’economia italiana

Ma le perdite potenziali non resterebbero confinate solamente nell’ambito calcistico. Coldiretti ha fatto notare che nel 2007, anno successivo alla vittoria dell’Italia della sua quarta Coppa del Mondo, l’economia italiana crebbe nominalmente del 4,1% e che fu trainata da un boom di esportazioni (+10%) e dalla vivacità dei consumi interni, come il +30% segnato dai prodotti artistici e culturali e il +16% dalle vendite di auto. Ora, concludere che il buon andamento economico di quell’anno sia stato conseguenza della finale di Berlino sarebbe privo di fondamento, anche perché quell’anno la congiuntura mondiale fu positiva. Tuttavia, la psicologia influenza i comportamenti dei consumatori e certamente il clima depressivo che una disfatta del genere avrebbe su 60 milioni di italiani e il contraccolpo che subirebbe il nostro Made in Italy all’estero non sarebbero nemmeno da minimizzare.

Sempre effettuando confronti “cum grano salis”, si pensi alla clamorosa eliminazione del Brasile in casa alla semifinale con la Germania nel 2014: l’economia brasiliana entrò in un biennio di recessione, la più dura che abbia colpito il paese da oltre un secolo. Ha avuto a che fare con la sconfitta dei verde-oro? Di certo, le spiegazioni andrebbero trovate altrove, ma chissà quanto abbia influito lo shock psicologico sui consumi interni! (Leggi anche: Brasile umiliato dalla Germania, ecco i possibili effetti sull’economia)

E i mondiali sono occasione per stare insieme, mangiare e bere in pub e ristoranti, magari fare festa a ogni vittoria successiva alla fase a gironi. Tutto questo verosimilmente verrà meno, così come la platea dei tifosi in Russia per guardare giocare da vicino gli azzurri da ieri sera non esiste più. Introiti in meno per il business delle agenzie di viaggi e del settore vacanziero.

In cambio, si potrebbe ipotizzare lo spostamento dell’interesse in favore di sport cosiddetti “minori”, ma parliamoci con tutta franchezza: il calcio è nel dna degli italiani e il dna di un popolo non lo si modifica in qualche mese o anno. Se da una crisi può esservi l’opportunità di rimettersi in discussione e risalire pian piano la china, allora tra qualche anno potremmo commentare quanto salutare sia stata quello shock del 2017, quando gli azzurri sprofondarono all’inferno e per opera di una mediocre Svezia. Certo, però, che la botta è stata e sarà pesante per mesi e anni. In un attimo, il Mondiale di Russia 2018 si è trasformato da gioia in incubo e la cerimonia di apertura del prossimo 14 giugno sarà vissuta da ogni italiano con un magone allo stomaco.