Se non avete ancora sentito parlare di Shiba Inu, siete in affollata compagnia. La “criptovaluta” fu lanciata sul mercato da un tale Ryoshi nell’agosto dello scorso anno. Prende il nome di una razza canina e il suo inventore ha voluto chiarire che l’unico responsabile dell’investimento sei praticamente tu, non esistendo alcuna struttura dietro all’asset, né egli si considera responsabile di alcunché, non detenendo neppure (dice) alcuno dei token emessi.

Di Shiba Inu non se n’è sentito parlare fino a poco tempo fa, quando ha iniziato a fare numeri.

Nella giornata di venerdì, il suo valore di capitalizzazione risultava di quasi 33,5 miliardi di dollari, una cifra di tutto rispetto. Dovete sapere che all’atto della sua emissione, questa “criptovaluta” capitalizzava neppure 164.000 dollari. Il prezzo di acquisto vi spiazzerà: sempre venerdì, era di appena 0,00006093 dollari. Nulla, se confrontato ai circa 60.000 dollari necessari per acquistare un solo Bitcoin.

Ma Shiba Inu ha fatto passi da giganti, per usare un eufemismo. Chi avesse investito in questo asset appena 1 dollaro nell’agosto 2020, l’altro ieri si sarebbe portato a casa 140.715 dollari. Parliamo di un rendimento spettacolare. Solamente nell’ultimo mese, il prezzo è più decuplicato, seppure sceso dal picco toccato nella seduta di giovedì a 0,00008616 dollari.

Differenze tra Shiba Inu e Bitcoin, i rischi

C’è un wallet o portafoglio di 70 mila miliardi di Shina Inu, che venerdì valeva quasi 5 miliardi di dollari. Pensate che i token erano stati acquistati tra agosto e ottobre dello scorso anno per un investimento complessivo di 13.000 dollari. Del fortunato titolare non si sa nulla, se non che non abbia movimentato alcunché negli ultimi sei mesi e mezzo. C’è il serio rischio che abbia perso le credenziali di accesso e sappiamo che, trattandosi di un asset decentralizzato, finisca per perdere l’intero capitale, non riuscendo a liquidare la posizione.

Di Shiba Inu in circolazione ve ne sono 1 milione di miliardi. Un’offerta enorme, se confrontata con quella assai limitata dei Bitcoin, di cui esistono ad oggi solo 18,86 milioni di monete emesse. E c’è un’altra differenza tra le due “criptovalute”. Bitcoin nasce per essere sia riserva di valore nel tempo, sia un mezzo di pagamento. Che stia riuscendo nell’intento, è un altro paio di maniche. Ad ogni modo, il quantitativo di Bitcoin in circolazione tende a crescere a un ritmo prestabilito e fino a un certo ammontare. Si tratta di un asset, quindi, tendenzialmente deflattivo, cioè che si apprezza con la crescita della domanda.

Shiba Inu non segue questo modello. Essa è una moneta “community based”, nel senso che essa è finalizzata ad essere sostenuta dal circuito che la utilizza, ma senza altri obiettivi rilevanti. Per il resto, Ryoshi ha sfruttato la “blockchain” di Ethereum e tra gli utilizzi correlati abbiamo quelli per gli “smart contract” e gli NFT (“Non fungible tokens”). Nessun pregiudizio nel valutare un investimento, purché: si destini una quota di denaro per cui anche la perdita totale non comporterebbe alcun danno rilevante alle proprie finanze; si accetti il rischio elevatissimo e non si pensi che l’andamento passato dei prezzi sia in un qualche modo replicato in futuro.

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