L’inflazione è tornata a salire nell’Eurozona. Nel mese di luglio, stando alle stime flash dell’Eurostat è stata del 2,2%, in accelerazione dall’1,9% di giugno, quando aveva registrato un lieve calo dal 2% di maggio. Il dato si colloca sopra il target del 2%, così come ridefinito dalla stessa BCE nelle scorse settimane. Ma l’inflazione “core”, al netto delle componenti volatili, avanza dallo 0,7% allo 0,9%. E questo è un dato che conforta parecchio Francoforte, poiché fornisce una misura più puntale dell’andamento di fondo dei prezzi nell’area.

Per la BCE, però, le buone notizie potrebbero finire qui. L’inflazione in Germania a luglio è esplosa dal 2,3% al 3,8%, superando la soglia del 3% per la prima volta dal 2008. Più contenuto il rialzo in Italia, dall’1,3% all’1,8%. In Spagna, sale al 2,9% e in Grecia il rischio deflazione sembra definitivamente alle spalle con un +1%.

BCE alle prese con l’alta inflazione tedesca

La Bundesbank è custode dell’ortodossia monetaria, attraverso la quale punta a salvaguardare la stabilità dei prezzi in Germania e, di conseguenza, in tutta l’Eurozona. Il suo governatore Jens Weidmann ha votato contro la ridefinizione del target d’inflazione, giudicando un errore il suo carattere simmetrico, temendo che il mercato possa prima o poi perdere fiducia sulla capacità della BCE di centrare l’obiettivo della stabilità dei prezzi.

Alla luce del boom dell’inflazione tedesca, le pressioni di Berlino su Francoforte per ottenere una normalizzazione monetaria più in fretta possibile aumenteranno sin dalle prossime settimane. A settembre, si terranno le elezioni federali e il tema del carovita rischia di irrompere nel dibattito politico, con i conservatori pressati alla loro destra sia dagli euro-scettici dell’AfD che dai liberali dell’FDP. Dopo le centinaia di vittime provocate dalle alluvioni in Renania-Palatinato e NordReno-Vestfalia, il partito della cancelliera Angela Merkel non potrà permettersi altri passi falsi.

La BCE avrà buon gioco ad opporsi sia al taglio degli acquisti di bond che a un inverosimile rialzo dei tassi, eccependo che l’inflazione nell’area resti di poco superiore al target dopo anni di crescita molto al di sotto.

Inoltre, potrà sbandierare il dato “core” fin troppo basso per lo stesso target ufficiale. Ma la Germania cercherà di compattare il fronte dei “falchi” per evitare lo scenario più sgradito: prezzi tedeschi in fuga rispetto alla media dell’area, con inevitabile perdita di competitività per le imprese domestiche. Nel mirino vi sarà più che altro il PEPP. E Christine Lagarde dovrà ricorrere a tutta la sua arte diplomatica, oltre che alla cultura giuridica, per rinviarne il “tapering”.

[email protected]