L’Istat ha rivisto al rialzo il tasso d’inflazione italiana per il mese di ottobre. Rispetto alla stima preliminare del 2,9%, il dato finale è salito al 3%, ai massimi dal settembre 2012. La crescita dei prezzi al consumo nel nostro Paese non era stata così alta, quindi, da oltre nove anni a questa parte. Trainata certamente dal boom del comparto energetico (+24,9% a/a), dai numerosi colli di bottiglia che si stanno registrando in giro per il mondo nei processi produttivi, nonché dal rimbalzo della domanda dopo le restrizioni anti-Covid.

Tuttavia, l’essenziale rischia di essere invisibile agli occhi, prendendo a prestito una frase di Antoine de Saint-Exupéry.

Che cos’è l’inflazione? Il rialzo generale dei prezzi al consumo. E cosa la genera? Uno squilibrio tra domanda e offerta, con la prima ad essere foraggiata dall’eccesso di liquidità. Secondo gli economisti monetaristi, non sarebbe possibile alcun incremento dei prezzi in assenza di moneta disponibile. Ecco perché bisognerebbe tenere quest’ultima sotto controllo per evitare inflazione. Dunque, è la crescita monetaria in eccesso rispetto alla crescita della produzione a scatenare il rialzo dei prezzi.

Inflazione italiana, il ruolo dei sussidi

Fin qui, possiamo affermare che la BCE c’entri moltissimo con le sue maxi-iniezioni di liquidità tra acquisti dei bond e tassi negativi. Ed è vero. Ma i nostri governi ci stanno mettendo del loro. E’ da svariati anni che le banche centrali pompano moneta sui mercati senza riuscire a risollevare l’inflazione. Guarda caso, sta accadendo che solo con la pandemia questa si sia risvegliata. Come mai? Essenzialmente, perché anche la politica fiscale è diventata ultra-espansiva. Migliaia di miliardi di aiuti a famiglie e imprese colpite dalla pandemia non sono altro che liquidità iniettata in circolazione e senza alcuna contropartita sul piano dell’offerta. Insomma, cresce lo strumento per consumare e non la produzione per soddisfare tale domanda.

Al di là della fase eccezionale, però, l’Italia è diventata maestra dei sussidi. Il reddito di cittadinanza e gli innumerevoli bonus elargiti a sostegno di questa o quella categoria non sono altro che consumi sconnessi dall’offerta. Il primo, in particolare, non ebbe alcun impatto sull’inflazione italiana per i primi diciotto mesi di vita, essendo stato introdotto in una fase di domanda aggregata debole. Con l’allentamento anche della politica fiscale (il deficit è esploso dall’1,5% al 9,6%), il quadro macro è mutato profondamente. Adesso, i 9-10 miliardi di euro annui del sussidio interviene in un contesto di liquidità già eccessiva e accentua le dinamiche rialziste dei prezzi.

Per sintetizzare, il reddito di cittadinanza e tutti quei bonus erogati senza alcuna contropartita dal lato della produzione offrono sostegno alle fasce più deboli della popolazione o presunte tali, ma stanno impattando negativamente sul potere d’acquisto di tutte le altre famiglie. E questo non è un problema che verrà meno con la fine della pandemia. L’Italia ha preso una china assistenzialista pericolosa, che non fa che sostenere i consumi senza riguardo per la produzione, le cui condizioni normative, fiscali ed economiche rimangono spesso critiche.

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