Vladimir Putin ha ordinato una revisione delle regole di bilancio entro luglio, così che siano di sostegno all’economia russa e non solo alla solidità dei conti pubblici. E’ uno di quei segnali per cui le sanzioni dell’Occidente contro la Russia appaiono efficaci, rivelandone l’impatto negativo sull’economia. Ma ormai è opinione diffusa tra gli analisti che non stiano funzionando a dovere. Il rublo si è portato ai massimi da anni contro il dollaro. Ieri, scambiava a 56,60. Aveva iniziato l’anno a 75, per cui risulta essersi apprezzato in cinque mesi e mezzo del 25%.

Tant’è che la Banca di Russia, che subito dopo l’invasione dell’Ucraina aveva alzato i tassi dal 9,5% al 20%, di recente li ha riportati al 9,5%. Nel frattempo, tutte le altre misure sul controllo dei capitali sono state allentate. E già a maggio, l’inflazione ha iniziato a scendere, pur di poco.

Rublo e boom del petrolio

Per capire come mai le sanzioni contro la Russia non stiano funzionando, dobbiamo guardare a un semplice dato: nei primi cinque mesi dell’anno, l’avanzo delle partite correnti sarebbe esploso a 110,3 miliardi di dollari dai 32,1 miliardi dello stesso periodo nel 2021. Secondo le stime della Banca di Russia, l’avanzo commerciale è schizzato da 44,5 a 124,3 miliardi, mentre i deflussi dei capitali sono aumentati di poco da 12,4 a 14 miliardi.

Il rublo tende a muoversi in sintonia con il prezzo del petrolio, visto che la Russia ne è uno dei principali esportatori al mondo. E’ vero che a fine maggio l’Europa ha deciso che imporrà entro sei mesi l’embargo sul 90% delle importazioni petrolifere russe. Tuttavia, nei primi 100 giorni di guerra, ha continuato a comprare da Mosca, incidendo per il 61% delle sue esportazioni. E la Cina risulta avere acquistato 14,5 milioni di barili dalla Russia nel periodo marzo-maggio, tre volte il dato dello stesso trimestre dell’anno prima.

L’India ha fatto ancora di più: nel solo mese di maggio, ha raffinato il 18% di tutte le esportazioni petrolifere russe. Era all’1% un anno prima. Se nei primi due mesi dell’anno, praticamente non aveva acquistato barili dalla Russia, con la guerra ne ha già importati sui 60 milioni di barili contro i 12 milioni dell’intero 2021. A maggio, ha importato 870.000 barili al giorno dalla Russia contro una media di appena 60.000 barili nel 2021.

Sanzioni Russia, rischio boomerang per Occidente

Questa corsa all’acquisto di petrolio russo in Asia dipende dal fatto che Mosca lo stia vendendo a sconto di 30-35 dollari al barile rispetto alle quotazioni internazionali. Con tutto ciò, dati gli altissimi prezzi del Brent, riesce a incassare circa il 60% in più su base annua. Attualmente, significa per Cina e India riuscire ad acquistare a circa 90 dollari, anziché i 120-125 dollari di questi giorni. Questo significa rendersi più competitive, attutendo tra l’altro i tassi d’inflazione interni. Un boomerang per l’Occidente, che oltre ad accusare l’esplosione del carovita in questi mesi, potrebbe subire anche la perdita di competitività per le proprie merci.

Non esistono sanzioni secondarie a carico dei paesi che commerciano con la Russia. L’America di Joe Biden ci aveva pensato, ma l’idea non sarebbe né fattibile, né tantomeno desiderabile. Significherebbe mettersi a multare mezzo mondo, con il risultato di deteriorare in maniera irreversibile tutti i legami commerciali costruiti in trenta anni di globalizzazione.

Il super rublo, però, non ci tragga in inganno. Pur essendo molto più forte del periodo pre-bellico, i russi non sanno in buona parte cosa farsene. Molte importazioni sono state poste sotto embargo, così come gli stessi viaggi in Europa e Nord America risultano impediti. Anche questo rafforza la valuta, l’impossibilità di spenderla per acquistare beni e servizi dall’estero.

D’altra parte, è anche vero che prima della guerra il rublo era rimasto debole, pur a fronte di un rialzo delle quotazioni petrolifere. Ciò era avvenuto, in parte, a seguito della stangata fiscale introdotta a carico degli investitori stranieri in titoli di stato sin dal 2021. Non a caso, la loro percentuale di detenzione del debito federale russo si era dimezzata dal record storico del 35% nel marzo 2020 al 18% prima della guerra.

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