La crisi del bolivar in Venezuela è sempre più cupa. Stando ad alcune fonti, che non hanno voluto rilevare la loro identità a Bloomberg, al confine tra il paese e la Colombia, un dollaro si scambia ormai al mercato nero contro 89 bolivar, un tasso di cambio del 93% più basso di quello ufficiale, che dal 2013 risulta essere pari a 6,3. E quel che è peggio per le già fosche prospettive dell’economia venezuelana è che si tratterebbe di un nuovo minimo storico, registrando così un peggioramento della situazione.

  APPROFONDISCI – Il Venezuela chiude di notte le frontiere con la Colombia per la lotta al contrabbando   Secondo l’economista Henkel Garcia, i venezuelani starebbero cercando di comprare dollari per mettere in salvo i loro risparmi, spaventati da un’inflazione, che nel mese di maggio ha toccato il 60,9% e che già da un anno risulta la più alta al mondo. A ciò si aggiungono i timori per una crisi valutaria, che allo stato attuale sembra inevitabile. Il Venezuela possiede appena 20,1 miliardi di dollari di riserve valutarie, il dato più basso da 11 anni. Ad ottobre, sono in scadenza bond per 4,5 miliardi, tanto che il governo sta limitando al minimo gli acquisti in dollari, per evitare di trovarsi scoperto da qui a poche settimane. L’offerta di beni e servizi è sempre più scarsa. Essendoci pochi dollari disponibili, dato il tasso di cambio irrealisticamente altissimo e un’inflazione oltre il 60%, le imprese sono costrette a ridurre la produzione, perché non riescono a importare prodotti dall’estero. A ciò si aggiunge la disastrosa politica di controllo dei prezzi perseguita dal presidente Nicolas Maduro e dal suo governo, che spinge le imprese (e non solo) a contrabbandare una infinita varietà di beni ai confini con la Colombia, dove la benzina, tanto per fare un esempio, viene venduta a un prezzo di oltre 100 volte superiore a quello imposto in Venezuela.
  APPROFONDISCI – Senza auto nel Venezuela di Maduro: mancano i dollari, la produzione crolla dell’80%   Negli ultimi mesi, per cercare di contrastare la crisi del bolivar, il governo ha dato vita a un sistema di aste, le Sicad I e le Sicad II, con le quali garantisce la distribuzione di un minimo quantitativo di dollari alle imprese importatrici, ma a tassi di cambio molto più bassi di quelli ufficiali. Ad esempio, le Sicad I, tenute per le imprese produttrici di beni primari, erogano dollari al cambio di circa 11,3 bolivar, mentre le Sicad II al cambio di quasi 50 bolivar per un biglietto verde.

Svalutazione bolivar inevitabile

E’ evidente che questo sistema non regge. Da quando sono state messe in campo queste strategie tese a non svalutare il bolivar ufficialmente, questi ha perso il 34% sul mercato nero, segno che la domanda di dollari tende a crescere e non a diminuire. Il governo starebbe ipotizzando anche di unificare i tre cambi (quello ufficiale e i due ufficiosi), ma teme l’ondata di proteste dei venezuelani, che basano i loro calcoli per viaggiare e comprare beni dall’estero sul cambio ufficiale. Ma la realtà prima o poi prevarrà sul sogno di un “paradiso socialista” di Maduro e allora saranno guai seri. L’economia venezuelana, già contrattasi del 2,1% nel secondo trimestre di quest’anno, potrebbe dovere digerire una svalutazione fino a oltre il 90% e l’inflazione inevitabilmente schizzerebbe a livelli ancora più alti per una fase transitoria. E a questo scenario non sembra esistere alternativa. Si tratta solo di capire quando si verificherà.   APPROFONDISCI – Il Venezuela pensa a svalutare il bolivar dell’80%. L’inflazione è oltre il 60% a giugno