La seconda seduta successiva alle elezioni primarie in Argentina ha esitato un andamento misto per azioni, obbligazioni e cambio. La borsa si è ripresa, ma più per il classico effetto rimbalzo successivo ai crolli. E l’indice Merval ha segnato una crescita del 10,2%, che segue il -38% del lunedì nerissimo di Buenos Aires. Invece, il comparto obbligazionario ha continuato ad arretrare, con il bond a 100 anni ad essere crollato di un altro 11% alla quotazione di 51, mentre il più vicino titolo con scadenza gennaio 2022 è precipitato di un altro 27,5%.

Non c’è stata pace nemmeno per il peso, il cui tasso di cambio contro il dollaro si è indebolito ancora del 4,9%, attestandosi a 55,9.

Bond Argentina in crollo verticale, rischio default s’impenna 

La situazione argentina è diventata assai preoccupante. Lunedì, la banca centrale è intervenuta vendendo 255 milioni di dollari in assets in valute straniere per difendere il cambio, senza riuscirci. In teoria, è stato superato il limite superiore della banda di oscillazione all’interno della quale il peso può muoversi liberamente contro il dollaro, secondo l’accordo sottoscritto con il Fondo Monetario Internazionale lo scorso anno.

Boom di oro e Bitcoin in pesos

Di questo passo, l’unica certezza per gli argentini sarà un’inflazione ancora più alta, per combattere la quale l’istituto dovrà alzare ulteriormente i tassi e magari accelerare il risanamento dei conti pubblici. Miseria che si aggiunge a miseria, quando il ricordo del default di inizio Millennio è ancora vivissimo nella mente della popolazione. E molti stanno già correndo ai ripari. Lunedì, il prezzo dell’oro in Argentina è schizzato a 84.558 pesos, che stando al cambio esitato in chiusura facevano 1.595 dollari l’oncia, un’ottantina in più rispetto alle quotazioni internazionali. Ciò significa che qui si sia pagato un premio di circa il 5% per comprare il bene rifugio per eccellenza.

Lo stesso è accaduto con i Bitcoin, che stando alla piattaforma di negoziazione Buenbit, sono stati scambiati a 11.750 dollari, circa 400 in più delle quotazioni presso le altre grandi piattaforme nel mondo, pari a un premio di quasi il 4%.

E il grafico di Coin Dance mostra contrattazioni in aumento nelle ultime settimane in Argentina, con volumi di trading passati dai poco più di 10 milioni di dollari della settimana al 20 luglio scorso, ai 12,7 milioni al sabato scorso. Segnali di una tendenza a ripararsi in assets potenzialmente percepiti come capaci di garantire la tenuta del potere di acquisto. Un espediente, che negli ultimi anni abbiamo visto essere utilizzato in Venezuela contro l’iperinflazione e nello Zimbabwe contro i timori di un ritorno all’esplosione dei prezzi.

Argentina senza speranza, mercati nel panico

Non parliamo di corsa ai Bitcoin o all’oro, per carità. Nel caso della “criptomoneta”, i volumi appaiono ancora troppo bassi per potere dipingere il quadro di una nazione scopertasi devota a forme di pagamento alternative. Tuttavia, questi accadimenti sono la spia di una grande paura che serpeggia tra milioni di famiglie, ovvero di “bruciare” i risparmi in valuta locale e di finire in povertà per via dell’inflazione sempre più galoppante. Molti temerebbero anche l’introduzione di controlli sui capitali, probabili che vengano introdotti nel caso di vittoria del candidato peronista alle elezioni presidenziali di ottobre. E poiché le brutte notizie non arrivano mai da sole, nelle scorse ore Honda ha annunciato che cesserà la produzione di veicoli in Argentina dall’anno prossimo, adducendo tra le ragioni dello stop il crollo del peso, che rende sempre più costose le importazioni dall’estero.

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