C’è preoccupazione negli ambienti ecclesiastici dopo che molti enti gestiti dal clero cattolico hanno ricevuto nei giorni scorsi l’atto di notifica con cui la Commissione europea intima allo stato italiano la riscossione dell’IMU arretrata sugli immobili commerciali della Chiesa tra il 2006 e il 2011. Monsignore Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei, ha fatto presente di seguire la vicenda ed ha espresso una certa inquietudine in merito. Secondo alcune stime, la cifra complessiva da versare nelle casse dello stato ammonterebbe fino a 11 miliardi di euro.

Esenzione 2006-2011 voluta da governo Berlusconi

Ripercorriamo brevemente una vicenda ormai lunga più di quindici anni. Era il 1992 quando l’allora governo Amato introdusse l’ICI (si sarebbe chiamata IMU dal 2012), un’imposta sugli immobili che escludeva solamente quelli destinati all’esercizio del culto e con finalità non commerciali. Il mancato gettito per lo stato sarebbe nell’ordine dei 100 milioni di euro. Nel 2006, il governo Berlusconi ampliò la categoria degli immobili esentati dal versamento dell’IMU, facendovi rientrare anche quelli in cui avveniva l’esercizio di attività commerciali, pur in via non esclusiva. Alberghi, ospedali e scuole gestiti della Chiesa non versarono più l’imposta.

Fino al 2011. Nel 2012, infatti, l’Unione Europea accolse il ricorso di alcune attività concorrenti e dichiarò illegittima l’esenzione dall’IMU per gli immobili commerciali gestiti dalla Chiesa. Tuttavia, prese atto delle difficoltà per lo stato italiano di riscuotere il dovuto. Senonché, nel 2018 la Corte di Giustizia UE ribaltò questa decisione e intimò all’Italia di riscuotere l’IMU arretrata con gli interessi. I governi che si sono succeduti in questi anni hanno fatto orecchie da mercante, perché il tema è sensibile. Chiedere alla Chiesa diversi miliardi di euro non è facile e si presta anche a certe posizioni anti-clericali ben radicate nel nostro Paese sin dall’Unità d’Italia.

UE impone riscossione coattiva

Il 3 marzo scorso, però, l’Unione Europea ha preso di nuovo carta e penna e ha inviato una lettera al governo Meloni.

In essa affermava di essere consapevole delle difficoltà nell’identificare i soggetti beneficiari dell’aiuto illegale, ma ciò non impedirebbe una riscossione anche solo parziale delle somme dovute. Infine, assegnava quattro mesi di tempo per l’avvio dell’iter di riscossione. Il tempo è scaduto e nei giorni scorsi le autorità italiane hanno iniziato a inviare lettere agli enti ecclesiastici esentati illegalmente tra il 2006 e il 2011. Tuttavia, esse puntano a consentire ai gestori di fare opposizione contro l’intimazione imposta dall’Unione Europea. Non siamo ancora alle cartelle esattoriali vere e proprie.

E quale sarebbe la cifra in gioco? Questo è il bello. Nessuno la conosce con esattezza. Secondo le prime ricostruzioni di circa un decennio fa, il mancato gettito conseguente al non pagamento dell’IMU nei cinque anni incriminati sarebbe stato di qualche centinaio di milioni all’anno. In totale, quindi, risulterebbe nettamente inferiore al miliardo. Ma l’Anci in passato ha parlato di “4-5 miliardi”, mentre l’Agenzia per la ricerca economia e sociale individuava in 45.000 gli immobili oggetto della contesa per un mancato gettito annuale di circa 2,2 miliardi. Moltiplicati per cinque, farebbero 11 miliardi, interessi esclusi.

IMU Chiesa, somme dovute allo stato

Non fate troppo affidamento su queste cifre. Dalla lettera UE di marzo, ad esempio, si evince l’intenzione di Bruxelles di non pretendere la riscossione coattiva dell’intera somma dovuta. I margini per il governo ci sarebbero, anche perché nel frattempo questi sta trattando con le autorità europee per ottenere un congruo sconto sugli incassi. Lo stesso Monsignore Baturi ha precisato che a pagare sarebbero solamente gli enti ecclesiastici che negli anni considerati o anche attualmente abbiano praticato attività commerciali per un ammontare dovuto complessivamente al Fisco non inferiore a 200 mila euro.

Se si prendesse come riferimento quest’ultimo criterio, è chiaro che il numero di immobili su cui la Chiesa sarebbe tenuta a versare l’IMU arretrata scenderebbe drasticamente. Subirebbero la stangata retroattiva soltanto le grosse attività commerciali gestite dal clero. D’altra parte, c’è una certa ambiguità in molte delle attività spacciate spesso alla spicciola come “commerciali”. Si tratta in molti casi di erogazione di servizi con finalità benefiche per la collettività. Siamo ben lontani dal poter definire chiuso il caso. Certo, in una fase come questa persino un governo amichevole con gli ambienti ecclesiastici come quello capeggiato dalla premier Giorgia Meloni non si lagnerebbe di dover incassare qualche miliardo a causa di questa Europa così pignola. Il piatto piange. Magari alla Chiesa saranno risparmiati gli interessi.

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