Governo al lavoro per rivedere l’art.33 della Legge di Bilancio, laddove prevede il taglio delle pensioni ai danni di quattro categorie di lavoratori statali: personale medico-sanitario, insegnanti di scuole materne ed elementari, ufficiali giudiziari e personale degli enti locali. I risparmi attesi da questa misura per il 2024 ammonterebbero ad appena 11,5 milioni di euro e riguarderebbero 31.500 lavoratori in pensione. Ma entro il 2043 la platea coinvolta salirebbe a 700 mila per minori esborsi stimati in 21 miliardi.

Paura per fuga dei medici dagli ospedali

La rivolta dei medici preoccupa l’esecutivo.

Ci sarebbe il rischio che molti lascino gli ospedali in anticipo entro fine anno per sottrarsi al taglio delle pensioni. L’Ufficio parlamentare di bilancio ha smentito tale previsione, sostenendo che sarebbe un esito molto remoto. Anche chiedendo in questi giorni l’uscita anticipata, esisterebbero scarse probabilità di ottenerla entro il 31 dicembre. Più in generale, l’opinione pubblica non sembra consapevole di quale sia il tema in discussione. Certo, il governo ha varato la norma per fare cassa, pur non subito, ma si tratta di una riforma, pur retroattiva, all’insegna dell’equità sociale.

Su pensioni scelte clientelari negli anni Sessanta

Ecco di cosa parliamo. Siamo nel 1965 e al governo c’era il presidente del Consiglio Aldo Moro. Iniziava proprio in quel periodo lo stupro dei conti pubblici italiani. Fu approvata una tabella favorevole alle quattro categorie di dipendenti statali sopra citati. Essa previde aliquote molto più alte per il calcolo delle loro pensioni con l’allora metodo retributivo. Con zero anni di contributi, l’assegno sarebbe stato pari al 23,865% dello stipendio, salendo al 37,5% per 15 anni di contributi. Per tutti gli altri lavoratori funzionava grosso modo così: assegno pari al 2% dello stipendio medio degli ultimi anni per ogni anno di contributi versati. In pratica, con 15 anni di contributi si sarebbe ottenuto il 30%, ma con zero anni l’importo sarebbe stato ovviamente nullo.

Questo trattamento di favore non ha giustificazioni di sorta. Erano gli anni in cui la DC puntava sull’impiego pubblico per raccattare consensi clientelari. E ci riuscì, chiaramente a spese dei contribuenti. Qualche anno più tardi, le regole previdenziali furono allentate e da paese virtuoso l’Italia divenne un caso europeo negativo sulle pensioni. Il governo Meloni sta cercando di riportare un minimo di equità tra i dipendenti, anche se già le forze politiche stanno cercando di ammorbidire le modalità del taglio delle pensioni. Infatti, si parla già di applicarlo solo alle uscite anticipate.

Taglio pensioni statali equo, Inps in rosso solo per loro

Il fatto che i medici, così come gli insegnanti, siano categorie meritorie non ha nulla a che spartire con questo trattamento privilegiato. Giustissimo che avanzino richieste di aumento degli stipendi. E sarebbe ora che lo stato si decidesse a rivedere la spesa pubblica per migliorarne anche la qualità, oltre che per abbassarne l’entità. Tuttavia, non è creando disparità sulle pensioni che si creano i presupposti per un potenziamento dei servizi pubblici. Anche perché i pensionati pubblici stanno pesando sistematicamente sulle tasche dei lavoratori del settore privato.

L’Inps chiude ogni anno il bilancio in passivo di una ventina di miliardi di euro. Sappiate che i contributi versati da lavoratori dipendenti del settore privato e da lavoratori autonomi superano le pensioni erogate alle rispettive categorie di 12-13 miliardi. Viceversa, i pensionati pubblici costano sui 33-34 miliardi in più dei contributi versati dai dipendenti pubblici. Questo significa che lo stato non avrebbe affatto bisogno di varare alcun taglio delle pensioni o di allungare l’età pensionabile, se non ci fossero i pensionati pubblici. Nessuno sostiene che sia colpa loro se l’Inps è in rosso. Sono stati decenni di mala gestione da parte dei governi ad avere portato a questa situazione.

Però è bene non tirare troppo la corda. Se si chiede un sacrificio a categorie avvantaggiate da decenni di trattamenti di favore, non è lesa maestà.

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