“Viva la libertad, carajo!”, “Viva la libertad, carajo!”, “Viva la libertad, carajo!”. Era una Plaza de Congreso gremita quella che ieri ha ascoltato festante subito dopo mezzogiorno, ore locali, il primo discorso del nuovo presidente dell’Argentina, Javier Milei. Chi ha seguito la sua campagna elettorale, sa che questa è l’espressione con cui il neocapo dello stato ha sempre concluso i suoi comizi. Ed è stato proprio sul concetto di libertà che si è concentrato ieri, quando ha spiegato alla nazione che deve iniziare una nuova era, in cui lo stato protegge i diritti individuali, tra cui quelli di proprietà, ponendo fine a un sistema di controllo maniacale delle vite delle persone.

Milei annuncia riforme shock

Milei lo ha detto esplicitamente che il suo è un modello di società fondato sul “neoliberismo”. Infatti, il discorso è stato più un manifesto del suo pensiero politico. E senza girarci attorno, ha fatto presente agli argentini che serviranno “riforme shock” per risollevare le sorti dell’economia. “Non c’è tempo per il gradualismo, perché non ci sono soldi”. Più chiaro di così non sarebbe potuto essere. Ha snocciolato alcuni dati agghiaccianti: in 12 anni il PIL reale è crollato del 15%, mentre l’inflazione cumulata è stata del 5.000%.

Ha spiegato altresì l’origine dei mali del paese, “un tempo prima potenza economica mondiale”. Il Tesoro fa deficit fiscali, che la banca centrale monetizza, alimentando l’inflazione. Questo finirà, ha promesso, proprio tagliando l’eccesso di spesa. Ma nel suo discorso d’insediamento non ha parlato esplicitamente né di chiudere la banca centrale, né di dollarizzare l’economia argentina. Sa che su questi temi servirà prudenza e una forte capacità di mediazione con gli alleati del centro-destra, ostili ad entrambe le ipotesi.

Scuola e sanità risparmiate da privatizzazioni

La sinistra peronista ha accusato Milei nel corso dell’intera campagna elettorale di voler privatizzare scuola e sanità.

Dalle sue parole di ieri non è trasparso nulla di ciò. Anzi, il presidente ha affermato che molti argentini non hanno di fatto accesso alle cure mediche e che le competenze scolastiche degli studenti, stando agli ultimi dati PISA, risultano essere allarmanti, specie nell’ambito matematico, “nonostante siamo stati i primi ad avere sradicato l’analfabetismo”.

Fine della decadencia con maxi-svalutazione immediata

La crudezza dei numeri citati da Milei è servita a preparare la popolazione alle nuove misure che necessariamente dovranno essere adottate per uscire dalla gravissima crisi economica che dilania il paese ormai da troppi anni. Una “decadencia” a cui porre fine. A partire dalla svalutazione. Il mercato si aspetta sin da oggi che il tasso di cambio contro il dollaro venga liberalizzato. Ciò porterebbe a un collasso istantaneo dei pesos. Al cambio ufficiale ne bastano 350 per 1 dollaro, ma sul mercato parallelo ne servono anche più di 950. Resta da vedere se la banca centrale sarà autorizzata a permettere gli scambi fino a un tasso medio tra i due valori estremi o se la liberalizzazione sarà completa.

Le riserve valutarie nette giacciono su livelli negativi. Questo impedisce al momento a Milei di ottemperare alla promessa di dollarizzare l’Argentina, ammesso che politicamente gli fosse consentito. Ci sono pochissimi dollari in cassa, anche perché il paese esporta poco. La svalutazione servirebbe a recuperare competitività, il resto lo farebbe una politica fiscale a sostegno di chi produce ed esporta. Il guaio è che all’impatto ciò porterebbe a una nuova ondata di inflazione. E la grande promessa di Milei consiste proprio nel combattere il carovita. Il 56% degli elettori gli ha affidato tale compito, compresi molti ex peronisti frustrati dall’incompetenza del governo precedente.

Milei vicino all’Occidente

Un obiettivo Milei lo ha già raggiunto. Ha spostato l’Argentina nell’alveo delle alleanze occidentali.

Non sta rompendo con la Cina. Dopo la vittoria ha ribadito un concetto chiave della sua azione di governo: commercio libero con tutti. Sta di fatto che ieri il Brasile di Lula non ha presenziato alla cerimonia, mentre presenti vi erano tra gli altri inviati degli Stati Uniti, dell’Italia con il ministro Anna Maria Bernini, dell’Ungheria con il premier Viktor Orban e dell’Ucraina con il presidente Volodymyr Zelensky in persona. Un parterre che la dice lunga su chi saranno gli interlocutori privilegiati della nuova stagione argentina: Stati Uniti ed Europa. E ciò faciliterà il dialogo con il Fondo Monetario Internazionale, a cui Buenos Aires dovrà restituire 44 miliardi di dollari.

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