Anche l’istituto S&P certifica l’accelerazione in corso per la crescita del PIL in Italia. Le previsioni sono state alzate dal 4,9% al 6% per il 2021, pur abbassate dal 4,9% al 4,4% per il 2022. Ma ha ragione il premier Mario Draghi, quando spiega che in due anni l’economia italiana crescerà di oltre il 10%. C’è chi sproloquia di miracolo economico, ma i fatti ci narrano semplicemente che il nostro Paese riuscirebbe a recuperare le perdite accusate nel 2020 a causa della pandemia, quando il PIL dell’Italia crollo dell’8,9%.

Anzi, alla fine dell’anno prossimo la nostra economia si porterebbe su livelli superiori a quelli del 2019 di circa lo 0,8% in termini reali.

La Germania avrà fatto di meglio, stando all’IFO. L’economia tedesca dovrebbe essere cresciuta a quel punto di circa il 2,8% sopra il 2019. Ad ogni modo, non era scontato che recuperassimo così in fretta, visto il tragico precedente della crisi del 2008-’09, seguita dalla lunga recessione del 2011-2014. A fine 2019, il PIL dell’Italia sostava sotto i livelli reali del 2007 di oltre 4 punti.

Ma sarebbe un errore cantare vittoria così presto. Anzitutto, perché non sappiamo quale sarà l’evoluzione della pandemia per i prossimi mesi, anche se il trend dei contagi appare obiettivamente calante. E come non dare un’occhiata ad alcune criticità in buona parte ereditate proprio dal Covid? Pensate che solamente la carenza di chip ridurrà nel 2021 il fatturato delle case automobilistiche di 210 miliardi di dollari. Questa è la stima di AlixPartners, che a maggio prevedeva un calo di 110 miliardi e all’inizio dell’anno di 60,6 miliardi.

PIL Italia minacciato dalla stangata sui consumi

A causa della carenza di chip, il numero delle auto costruite quest’anno sarebbe di 7,7 milioni inferiore ai livelli programmati, circa il doppio dei -3,9 milioni stimati a maggio. A causa anche di tali criticità, l’economie della Germania dovrebbe crescere quest’anno meno del previsto: +2,5% contro +3,3% delle previsioni precedenti dell’IFO.

E poiché i sistemi industriali sono tra loro integrati, se s’inceppasse a lungo l’automotive tedesco, le imprese del nord-est legate ad esso ne risentirebbero. Il problema è che il mercato dei chip non dovrebbe tornare in equilibrio fino alla fine dell’anno prossimo, almeno stando a un sondaggio realizzato tra le stesse imprese del settore.

E c’è il caro-bollette. Una batosta del +40% attesa da questo autunno in avanti dal governo, che non a caso si è mosso già a luglio per frenare i rialzi. Alle famiglie costerebbe mediamente 500 euro all’anno solo tra luce e gas, mentre altri 768 euro a causa dei rincari di beni vari. La stangata avrebbe due conseguenze negative per l’economia italiana: ridurrebbe il potere di acquisto e, quindi, la crescita dei consumi; aumenterebbe il disagio sociale e seminerebbe tensioni e risentimento verso il governo.

La ripresa del PIL in Italia poggia essenzialmente sulla capacità dell’esecutivo di garantire stabilità politica e finanziaria alla nostra economia. E le due cose si tengono assieme. Sappiamo quanto la maggioranza in Parlamento, per quanto amplissima, si regga su una tregua fragilissima tra i partiti. La necessità di mettere le mani sui quasi 200 miliardi di euro in 6 anni con il Recovery Fund mette a tacere molti dissensi, ma ciò sarà sufficiente finché il Paese reale non lo riterrà accettabile. Il caro-bollette rischia di alimentare un clima tutt’altro che benevolo verso le istituzioni. E questo, alla vigilia dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica.

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