Imran Khan non è più premier del Pakistan. Il Parlamento lo ha sfiduciato nei giorni scorsi, eleggendo al posto suo il leader dell’opposizione Shahbaz Sharif. Sembrerebbe un avvicendamento ordinario per uno dei paesi più instabili dell’Asia, dove i governi durano poco e le dittature militari sono di casa. Ma a parte che parliamo di una delle nove potenze mondiali dotate della bomba nucleare, i contorni di questa crisi politica appaiono tutt’altro che di scarso interesse.

Khan nacque nel 1959 a Lahore, considerata la città più inquinata al mondo e certamente una delle più sporche e caotiche.

Fu un giocatore di cricket di livello internazionale. Dopodiché si è dato alla politica con un programma giustizialista anti-corruzione, vincendo nel 2018 le elezioni politiche. La sua fama di leader incorruttibile persiste tutt’oggi, se è vero che a seguito della caduta del suo governo in piazza sono scesi milioni di pakistani per gridare il proprio sdegno contro l’America.

Crisi geopolitica dietro la caduta del governo?

Vi chiederete cosa c’entri l’America con un voto di sfiducia del Parlamento. I rapporti tra USA e Pakistan si sono molto raffreddati negli ultimi anni. Ricordate i tempi della guerra in Afghanistan, quando le truppe americane godettero del piano appoggio di Islamabad, allora governata dal generale Pervez Musharraf? Andati. Dopo che l’amministrazione Biden ritirò l’esercito da Kabul nell’agosto scorso, il governo pakistano ha risposto picche alla sua richiesta di costruire una base militare nel paese per vigilare da vicino i talebani.

Khan sostiene che il Pakistan non ci abbia guadagnato nulla del sostegno alla guerra al terrorismo islamico. Anzi, crede che il suo paese sia stato strumentalizzato e abbandonato. Per questo, da anni si è avvicinato alla Cina, grazie agli ingenti investimenti da questa realizzati per includere il vicino nella sua Via della Seta. Il giorno prima dell’invasione dell’Ucraina, Khan fu a Mosca per siglare accordi con Gazprom relativi alla costruzione di un gasdotto.

In generale, il Pakistan è irritato dagli americani, colpevoli di essersi avvicinati troppo all’odiata India, mollandolo al proprio destino. In effetti, parliamo di un’economia molto povera, con un PIL pro-capite di 1.200 dollari scarsi, un’inflazione salita al 12,7% e un tasso di occupazione sotto il 50%. Nel frattempo, il debito pubblico è salito all’85% e il Fondo Monetario Internazionale ha dovuto stanziare 1 miliardo di dollaro un paio di mesi fa, in cambio di riforme economiche.

La perdita di un alleato con la bomba nucleare

Secondo Khan, gli USA avrebbero complottato il rovesciamento del suo governo per averne uno meno ostile. Il fatto è che effettivamente gli americani stanno temendo di perdere il grosso dell’Asia. L’India stessa non si mostra più in linea alla geopolitica di Washington. Ha stretto legami commerciali su petrolio e gas con la Russia dopo l’inizio della guerra. Come il Pakistan, si è astenuta sul voto di condanna delle Nazioni Unite contro la guerra in Ucraina.

L’instabilità politica di un paese con la bomba nucleare non è mai una notizia rassicurante. Khan potrebbe tornare a guidare il governo se vincesse le prossime elezioni e non è detto che senza di lui la politica estera di Islamabad cambi moltissimo. Di certo c’è che la Casa Bianca ha dato per scontata un’amicizia che avrebbe dovuto coltivare. Con il risultato di avere perso un alleato senza guadagnarne un altro, visto che anche l’India sembra girare le spalle all’Occidente. L’era delle pacche sulle spalle non basta più. Le economie emergenti pretendono fatti e la Cina si rivela più concreta di quanto non faccia da tempo l’America.

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