Risultano 9,1 milioni i download dell’app IO a dicembre, quella che consente ai consumatori di usufruire del “cashback” del 10% rispetto alle spese effettuate nel mese, purché presso negozi fisici e tramite carta di credito o debito (bancomat). Inoltre, le operazioni minime dovranno essere 10 e l’importo massimo che verrà accreditato su ciascun conto corrente sarà di 150 euro. In altre parole, oltre i 1.500 euro di spesa, il rimborso di stato non varrà più.

All’iniziativa natalizia sono stati destinati dal governo 228 milioni di euro.

Soldi, che spalmati sugli oltre 9 milioni di italiani che hanno scaricato l’app IO, porterebbero a un “cashback” medio di non oltre 25 euro. In effetti, se tutti coloro che formalmente hanno segnalato di voler partecipare al programma avessero utilizzato i pagamenti elettronici per ottenere il rimborso, oltre i 250 euro di spesa questi verrebbe bloccato. Al di là di questa cifra, infatti, il fondo del governo si esaurirebbe e i rimborsi verrebbero decurtati per tutti linearmente.

Stando ai dati dello stesso governo, il “cashback” maturato nelle prime due settimane dell’incentivo è stato mediamente di 18 euro a testa. Siamo lontani dai 150 euro massimi promessi dal governo e molto vicini alla somma dei 25 euro, oltre la quale si rischia il blocco dei rimborsi per insufficienza dei fondi statali. Insomma, una mezza presa in giro, che pure partiva da una buona intenzione: spingere le famiglie verso i pagamenti elettronici.

Peccato, però, che questi contemplino anche l’uso delle app e dei bonifici, mezzi di pagamento al momento esclusi dal “cashback” di Natale, incentrato esclusivamente sulle carte. E per non parlare delle difficoltà tecniche dell’esordio, quando si è scoperto che i pagamenti contactless alla cassa, quelli che per piccole cifre possono avvenire senza la digitazione del codice PIN, non fossero validi ai fini dell’ottenimento del rimborso.

Cashback di 150 euro a Natale, cronache di un’Italia fuori di testa in era Covid

Oltre la beffa, stop all’innovazione

Ma non è tutto.

Gli acquisti validi sono solo quelli realizzati presso i negozi fisici, proprio in un momento in cui lo stesso governo si appella alle famiglie per restare il più possibile a casa ed evitare assembramenti. Proprio quest’anno, a seguito della pandemia, lo shopping online ha registrato un vero boom in tutto il mondo, Italia compresa. Ebbene, si tratta di un business escluso dal “cashback” di stato, sebbene qualcuno possa eccepire che sia stato meglio così, evitando di incentivare ulteriormente gli acquisti presso i colossi mondiali quali Amazon e ai danni del Made in Italy. A parte il fatto che online si trovano tantissimi negozi italiani (sugli stessi portali come Amazon e eBay), gli stessi che hanno scommesso sull’innovazione e che oggi si ritrovano ad essere penalizzati da una norma discriminatoria nei loro confronti, non è del tutto vero che il “cashback” non si possa sfruttare per gli acquisti su internet.

Mettiamo che vogliamo spendere 100 euro per comprare un regalo su Amazon. Se effettuiamo l’acquisto con addebito diretto sulla nostra carta, niente “cashback” del 10%. Se, invece, ci rechiamo presso una tabaccheria o un supermercato e acquistiamo con la nostra carta un buono regalo Amazon da 100 euro, il rimborso sarà valido. Cos’è cambiato nella sostanza? Nulla, semplicemente abbiamo fatto perdere tempo al consumatore e lo abbiamo indotto a recarsi prima in un negozio fisico per poi spendere ugualmente online. Nei fatti, abbiamo ammazzato l’idea stessa di digitalizzazione, che implica riduzione di sprechi di tempi e denaro. Lo stesso dicasi per i pagamenti delle bollette: se lo facciamo direttamente online non abbiamo diritto ad alcun “cashback”, se ci rechiamo presso una tabaccheria sì.

Altro che innovazione. Qui, siamo allo stato che decide persino i canali di acquisto degli italiani.

E un commerciante che in era Covid si è ingegnato, aprendo un sito di vendite su internet per sopperire al mancato fatturato in negozio, aprendosi la strada per il futuro? Niente, lo stato lo bastona per distribuire quattro spiccioli a favore del commercio tradizionale. Nemmeno i fondi stanziati per il 2021 rischiano di bastare: gli 1,75 miliardi destinati al “cashback” per l’anno prossimo, suddivisi per i 9,1 milioni di download già effettuati (e saliranno certamente nei prossimi mesi), non farebbero la media annua di 195 euro, a fronte dei 150 euro a semestre (300 euro all’anno) massimi fissati dal governo. Siamo dinnanzi a una grossa presa in giro.

BCE contro cashback, ecco perché anche il Superbonus 110% rischia di finire nel mirino

[email protected]