Se i tedeschi potessero, rivorrebbero Mario Draghi indietro a capo della BCE. Vero, ne combatterono fieramente quasi tutte le misure varate, ma gli riconobbero sempre diligenza e solida conoscenza della politica monetaria. Invece, Christine Lagarde terrorizza a partire dalla sua scarsa preparazione. La pazienza dei tedeschi è ridotta così al lumicino, che il popolare tabloid Bild le ha dedicato di recente una copertina per definirla “Madame Inflation”. E adesso si è fatto avanti Otmar Issing, primo capo-economista alla BCE subito dopo la nascita dell’euro, per chiedere alla francese di alzare i tassi d’interesse.

E subito.

L’attacco di Issing, 86 anni, è stato duro. Ha definito il suo ex datore di lavoro in balia di “una fantasia”, quella per la quale non sarebbe possibile perdere la stabilità dei prezzi. Al contrario, l’uomo spiega che l’inflazione sia “un drago dormiente che si è svegliato”. Nessuno in Germania si spiega come sia possibile che la BCE non alzi i tassi con un’inflazione al 7,5% a marzo. Lo stesso Issing fa notare che la guerra tra Russia e Ucraina rischia di rendere più durature le cause del boom dei prezzi, al contempo avvertendo sui contraccolpi della fine di 30 anni di globalizzazione.

Rialzo tassi BCE con un compromesso

Il rialzo dei tassi BCE avverrà solo dopo che saranno cessati gli acquisti dei bond. E per adesso il “quantitative easing” resta fissato almeno fino alla fine di giugno, sebbene non sia escluso che Francoforte decida diversamente già al board di aprile. Tuttavia, le informazioni che arrivano dall’istituto sono contraddittorie e confuse. Il capo-economista Philip Lane è arrivato nelle settimane scorse a fare presente che la BCE potrebbe persino introdurre nuovi strumenti per tenere a bada gli spread.

Il punto sta tutto qui. Il rialzo dei tassi BCE non è rinviato perché Lagarde e i suoi funzionari sottovalutino l’inflazione, bensì per la paura di una frammentazione estrema dei mercati finanziaria nell’Eurozona.

E nessuno a Francoforte vuole tornare agli anni bui della crisi dei debiti sovrani. L’euro arrivò a un passo dalla scomparsa. Dunque, la stretta monetaria potrà essere avviata seriamente solo quando si troverà il modo per disinnescare l’esplosione degli spread in paesi come Italia e Spagna.

I tedeschi accetteranno questo compromesso? Rialzo dei tassi BCE quanto prima e anche a passo veloce, in cambio di misure anti-spread automatiche. Per loro si tratterebbe di un’eresia, di una forma implicita di monetizzazione dei debiti. Lo è, ma dovranno scegliere tra questo e tenersi l’alta inflazione. Come chiedere loro se vogliano più bene a mamma o papà. Solo acquisti automatici dei titoli di stato oggetto di speculazione la sventerebbero sul nascere e si rivelerebbero efficaci per tenere unita l’area nel corso di una stretta sui tassi BCE.

L’esempio della Bundesbank negli anni ’70

Il problema è che sotto sotto se ne discute da mesi, anzi anni. E non si arriva mai a nulla di concreto. Tuttavia, adesso l’impellenza di una decisione c’è. Fingere che l’inflazione non sia un problema rischia di travolgere la credibilità della BCE e, di conseguenza, di disancorare le aspettative del mercato. La seconda banca centrale più importante al mondo non può permetterselo; il cambio euro-dollaro debolissimo suona un campanello d’allarme e accentua i rischi d’inflazione futuri. Già la Federal Reserve esce a pezzi da questa vicenda, avendo iniziato ad alzare i tassi troppo tardi e adesso rincorrendo la curva, con ogni probabilità portando l’economia americana in recessione nel medio termine.

Certo, il compito di Lagarde appare più arduo. Non solo dovrebbe alzare i tassi BCE per 19 economie, ma queste rischiano già la recessione con la guerra in Ucraina e i rincari mostruosi delle materie prime.

Tuttavia, l’esempio della Bundesbank negli anni Settanta potrebbe esserle di aiuto: alzò i tassi tedeschi sin da subito dopo la prima crisi petrolifera del 1973; l’inflazione in Germania non andò sopra il 7% e l’economia domestica visse solo una breve e moderata recessione. Le altre economie, USA compresi, reagirono in ritardo e vissero anni d’inflazione a due cifre e recessione del PIL più lunga e duratura per tornare alla stabilità dei prezzi.

[email protected]