Il conto alla rovescia è scattato. Mancano dieci giorni al cosiddetto “halving”, un fenomeno che si verifica ogni quattro anni per Bitcoin e che ogni volta porta con sé conseguenze dirompenti per chi investe. Da mesi il mondo del “mining” si prepara all’appuntamento, che impatta, anzitutto, proprio su di esso. E come vedremo, ciò sta già stravolgendone la geografia a favore di economie insospettabili. Ieri, la quotazione della “criptovaluta” più popolare al mondo si è avvicinata ai massimi storici, superando i 72.000 dollari e guadagnando oltre il 63% dall’inizio dell’anno.

Bitcoin alla vigilia dell'halving

Bitcoin alla vigilia dell’halving © Licenza Creative Commons

Halving Bitcoin a giorni, prezzi vicini ai massimi

Prima di parlarvi di quello che potrebbe accadere dalle prossime settimane, torniamo a spiegare l’halving. Il termine inglese significa letteralmente “dimezzamento”. E di questo si tratta, ossia di dimezzare la ricompensa ottenuta dai “miners” o “estrattori” per ogni blocco estratto grazie a complessi calcoli matematici. Fino al 18 aprile prossimo, otterranno 6,25 Bitcoin per ogni blocco risolto, mentre da giorno 19 ne prenderanno 3,1250. Pensate che nel 2009, quando Bitcoin fu lanciato da tale Satoshi Nakamoto, la ricompensa era ancora di 50 Bitcoin e tale rimase per quattro anni, cioè fino al primo halving.

Ogni 210.000 blocchi estratti, infatti, avviene tale dimezzamento. E questo comporterà che, tra una decina di giorni, l’offerta di Bitcoin sul mercato scenderà dalle 900 unità giornaliere attuali a 450. Questo fenomeno avrà un grosso effetto: a parità di domanda, il prezzo non potrà che aumentare. Ma gli stravolgimenti stanno riguardando anche l’offerta. Poiché il “pagamento” si abbassa, conviene spostarsi a produrre nei luoghi in cui l’energia costa meno. In effetti, i calcoli matematici richiesti sono così complessi da dover impiegare anche migliaia di supercomputer tra loro collegati in rete. E pensate che in media nel mondo per ottenere un Bitcoin bisogna sostenere un costo in bolletta di 45.000 dollari.

Supercomputer spostati in Africa e Sud America

Supercomputer spostati in Africa e Sud America © Licenza Creative Commons

Mining dove l’energia costa meno

Capite benissimo che l’halving per i miners di Bitcoin diventa una maledizione se i costi di produzione restano elevati. Non a caso, ad oggi essi perlopiù sono attivi negli Stati Uniti, nel Kazakistan, in Russia e in Canada. Tutte economie petrolifere con costi dell’energia più bassi della media mondiale. Tuttavia, da settimane le società di mining stanno anticipando gli effetti dell’halving. Risultano avere investito circa 1 miliardo di dollari per l’acquisto di supercomputer più efficienti. E ben 600 mila sarebbero stati impacchettati e trasferiti in altre aree del mondo. Dove? Principalmente, Etiopia, Tanzania, Paraguay e Uruguay. Il motivo lo avrete capito: hanno costi dell’energia più bassi.

E il piccolo regno del Bhutan, sito sulle cime dell’Himalaya, ha annunciato che aumenterà del 500% la sua capacità di mining di Bitcoin. Ad oggi, essa è di 100 Megawatt e tenderà a 600 Megawatt. Tempo fa, il suo fondo sovrano Druk Holding & Investments strinse un accordo con Bitdeer. L’obiettivo consisterebbe nel diversificare le fonti di crescita dell’economia, ancora rurale e in parte aperta ad un turismo selezionato. Allo scopo ha stanziato un investimento di 500 milioni di dollari.

Con Etf cambia la qualità della domanda

Ci troviamo dinnanzi a un passaggio straordinario. A gennaio di quest’anno sono stati ammessi i primi Etf ad operare sul mercato dei Bitcoin negli Stati Uniti. Si calcola che ogni giorno la loro domanda complessiva sia stata finora di 10.000 Bitcoin contro un’offerta di 900. Ecco spiegato il boom dei prezzi. Ma a cambiare è anche la qualità della domanda. Questi fondi a gestione passiva raccolgono capitali da investitori interessati a un orizzonte temporale medio-lungo, anziché breve o brevissimo come fino a qualche tempo addietro.

E questo sta riducendo sia l’offerta quotidiana che la volatilità dell’asset sui mercati.

Il solo fatto che la finanza tradizionale si sia buttata in questo ambito, avrebbe convinto molti piccoli trader a riporvi fiducia e a guardare alle “criptovalute” come farebbero con asset tradizionali alla stregua di azioni, obbligazioni e materie prime. L’halving di Bitcoin, poi, è attesissimo per l’esplosione dei prezzi che sempre ha provocato nei mesi successivi. Difficile, però, che stavolta vedremo un ulteriore balzo del 1.200% come tra la primavera del 2020 e l’autunno del 2021. Significherebbe assistere a quotazioni fino a quasi 1 milione di dollari e ad una capitalizzazione sopra i 19.000 miliardi. Numeri all’apparenza eccessivi anche per un asset non ha fatto altro che sorprenderci.

Halving Bitcoin, boom dipende anche dai tassi

Gran parte del futuro a breve dei token digitali dipenderà dalle condizioni monetarie globali. L’halving di Bitcoin avrà tanto più successo, quanto più bassi saranno i tassi di interesse nei prossimi trimestri. Poiché trattasi di un asset senza cedola, similmente all’oro risentono in negativo della concorrenza dei bond. E poiché questi offrono rendimenti legati al livello dei tassi, diventeranno meno temibili con un allentamento planetario già in vista a partire da giugno. Infine, molti token sono stati ultimamente spostati dai portafogli “caldi” a quelli “freddi”. Nei secondi risultano esservene per quasi i tre quarti del totale in circolazione. In altre parole, Bitcoin è sempre più acquistato da “balene” con la logica dei diamanti: metterlo da parte per aumentarne il valore di mercato nel lungo periodo.

[email protected]