Gli Stati Uniti sono ora la destinazione preferita per i mineners di bitcoin, superando per la prima volta in assoluto la Cina. È quanto reso da un recente studio dell’Università di Cambridge

A luglio, secondo il Cambridge Center for Alternative Finance, il 35,4% dell’hashrate di bitcoin (la potenza di calcolo collettiva dei minatori) si trovava negli Stati Uniti. Si tratta di un aumento del 428% rispetto a settembre 2020.

Il motivo è anche da attribuire alle politiche particolarmente stringenti della Cina, la quale, già da qualche mese, ha bandito le attività di estrazione di bitcoin e delle altre criptovalute.

I miners, dunque, hanno iniziato a fuggire in massa dalla Cina, dirigendosi verso le fonti di energia più economiche del pianeta in quella che è stata soprannominata “la grande migrazione mineraria”. Molti di loro sono finiti in America.

Gli stati Uniti sono la nuova mecca dei miners di Bitcoin

L’America, in effetti, vanta prezzi dell’energia tra i più bassi al mondo, il che è un grande incentivo per i minatori che competono in un’industria a basso margine, dove il loro unico costo variabile è, appunto, l’energia.

Washington e New York, oggi, sono considerati come una vera e propria mecca per le energie green. New York, in particolare, è tra i principali produttori americani di energia idroelettrica e, grazie anche alle sue centrali nucleari, è riuscita a diminuire drasticamente le emissioni di carbonio.

Questo spostamento verso fonti di energia pulita risolverebbe anche un’altra delle grandi criticità del processo di mining, ossia quella legata all’inquinamento prodotto da questo processo.

L’energia a basso costo, hanno spiegato alcuni osservatori, tende ad essere quella rinnovabile e in futuro, molto probabilmente, lo sarà sempre di più.

Fonte: cnbc.com

 

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