Il Fondo Monetario Internazionale ha abbassato le stime di crescita mondiale per quest’anno, tra l’altro tagliandole allo 0,7% per l’Italia nel 2023 e 2024. Ma ad uscirne ancora peggio è la Germania, già attesa dall’istituto in recessione dello 0,3% quest’anno, mentre le nuove previsioni parlano di un -0,5%. Non è un periodo facile per il cancelliere Olaf Scholz. Subito dopo la formazione del suo governo a fine 2021, è scoppiata la guerra tra Russia e Ucraina. La coalizione “semaforo” che lo appoggia, così chiamata per i nomi dei tre partiti che lo compongono (Socialdemocratici, Verdi e Liberali), non è mai stata popolare sin dall’inizio di questa inedita avventura per la politica federale tedesca.

Se oggi si tornasse a votare, insieme prenderebbero non più del 36% dei consensi, sedici punti in meno delle elezioni di due anni fa.

Ma prima di arrivare alla scadenza del mandato nel settembre 2025, i tedeschi stanno già inviando segnali piuttosto chiari circa la loro insoddisfazione per l’operato del governo. Domenica scorsa, si sono rinnovato i parlamenti regionali di Assia e Baviera, due stati della ex Germania Ovest. In entrambi, c’è stato il tonfo dell’SPD (partito di Scholz), dei liberali dell’FDP del ministro delle Finanze, Christian Lindner, e dei Verdi.

Destra euroscettica avanza anche nell’Ovest

Ma è soprattutto quanto accaduto tra le file delle attuali opposizioni al Bundestag ad avere destato scalpore. In Assia, l’Unione Cristiano-Democratica (CDU) registra un boom del 7,6%, mentre il suo partito gemello della CSU in Baviera perde lo 0,2% e rimane saldamente primo. E c’è l’exploit di Alternativa per la Germania (AfD), il partito della destra euro-scettica, che tutti gli avversari politici definiscono di matrice neonazista: 18,4% in Assia, 14,6% in Baviera, rispettivamente +5,3% e +4,4%.

L’FDP esce dal parlamento bavarese, essendo sceso sotto la soglia di sbarramento del 5%. In Assia vi rimane per un soffio: 5,2%.

Una punizione senza sconti per quel Lindner, che nel governo federale avrebbe dovuto rappresentare l’ala destra della maggioranza ed è finito risucchiato da accordi continui con i Verdi su temi come la politica energetica, industriale e l’immigrazione. I tedeschi sono su tutte le furie per i numerosi divieti loro imposti dagli ambientalisti, tra cui spicca il divieto di installare nuove caldaie a gas dall’anno prossimo. Imbarazzante, poi, la bocciatura del conti pubblici da parte dei magistrati contabili tedeschi, che li hanno definiti “falsi”. Centinaia di miliardi di euro di spese pluriennali sono state caricate formalmente su veicoli speciali (Sondervermögen), per non essere conteggiati nel debito pubblico. Magra figura per un “falco” dell’austerità come Lindner.

Coalizione semaforo verso resa dei conti

Anche in vista delle prossime elezioni europee, che rischiano di decretare la fine del governo Scholz con oltre un anno di anticipo, i tre partiti della maggioranza punteranno a rinsaldare il rapporto con le rispettive basi tornando alle proprie identità. Ciò può portare ad una paralisi politica in Germania, che d’altronde va avanti da molti mesi e che riguarda un po’ tutti i temi del dibattito pubblico. Il voto di domenica spaventa destra e sinistra perché l’AfD viene ad oggi considerato un partito forte nell’ex Germania Est, ma non nell’Ovest. Invece, è emerso che prende terreno ovunque e nei sondaggi viaggia fino al 23%, dietro solo alla CDU-CSU.

Una Germania così in crisi sarà un problema per l’Europa, a cui mancherà la bussola per orientarsi nel mare in tempesta. L’SPD riesumerà la sua identità di partito dei lavoratori e vorrà meno austerità fiscale. L’FDP farà esattamente l’opposto e pretenderà maggiore rigore per i conti pubblici sia tedeschi che degli altri stati dell’Eurozona. E i Verdi cercheranno di resistere alle accuse di essere il partito dei divieti, proteggendo quelli già adottati a Berlino ed esportandoli a Bruxelles; operazione quest’ultima quasi del tutto riuscita con lo stop alle auto con motore a combustione dal 2035.

Scholz paralizza intera Unione Europea

Il nuovo Patto di stabilità non debutterà sotto i migliori auspici, anzi potrebbe non debuttare in tempo per evitare che da gennaio torni in vigore quello pre-Covid. In fondo, le vecchie regole sarebbero il minimo comune denominatore per mettere d’accordo tutti, sia in maggioranza che tra le opposizioni tradizionali. La difesa dello status quo è l’unica carta apparentemente sempre vincente in Germania e il cancelliere Scholz non ha né il carattere, né la forza politica per potersi permettere di più.

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