L’asse franco-tedesco resta in piedi per assenza di alternative. Se si sgretolasse, verrebbe giù l’Unione Europea. Ma le relazioni tra Francia e Germania non erano state così “fredde” negli ultimi anni. Emmanuel Macron mal tollera le mosse del cancelliere Olaf Scholz su crisi energetica e rapporti con la Cina. La visita del tedesco a Pechino spiazza Bruxelles e le cancellerie europee, mandando su tutte le furie l’Eliseo, che si sente scavalcato e tradito dall’alleato. E per tutta risposta ieri è arrivato un “pizzino” di Parigi a Berlino.

Niente di meno che sul debito pubblico, tema sensibilissimo per il governo federale e l’opinione pubblica in Germania.

Breton all’attacco dei paesi frugali

Proprio oggi la Commissione europea presenta le sue proposte di riforma del Patto di stabilità. Stando alle indiscrezioni, sarebbe mantenuto l’obiettivo di un rapporto debito/PIL al 60%, ma per raggiungerlo la Commissione aprirebbe negoziati bilaterali con i singoli stati per adattare le misure necessarie alle condizioni nazionali.

Ieri, il commissario francese al Mercato unico, Thierry Breton, è intervenuto proprio sul debito pubblico, sostenendo che il tema “non può essere l’unica bussola dell’Unione Europea”. Pur mostrandosi d’accordo sulla necessità di tutelare la solidità dei conti pubblici, ha rimarcato come il risanamento fiscale non possa avvenire a discapito degli investimenti “in beni pubblici europei” come la difesa dell’ambiente.

Ma Breton è stato molto più esplicito quando ha fatto notare come in ossequio a politiche di bilancio restrittive, nei decenni passati l’Europa non sarebbe stata in grado di centrare alcuni obiettivi di cui oggi si vede la necessità di raggiungere. Dal 1999, ha aggiunto, le risorse mancanti per giungere al 2% di spese militari sul PIL sono state pari a 1.300 miliardi di euro e per il 54% sono addebitabili ai paesi frugali come Germania, Austria, Danimarca, Paesi Bassi e Svezia.

Debito pubblico, Francia apre ad Eurobond

Senza fronzoli, il francese ha dichiarato nella sostanza che gli stessi che oggi frenano sulla lotta comune contro la crisi dell’energia sono stati così miopi da avere sacrificato investimenti essenziali come la difesa sull’altare della solidità fiscale. E ha aggiunto che i Ventisette stati comunitari stanno cercando “soluzioni comuni” per fronteggiare l’emergenza evitando che gli scarsi margini di manovra limitino la capacità di reazione per alcuni governi. Dunque, la prospettiva degli Eurobond, le emissioni di debito pubblico comune fortemente osteggiate da Germania e alleati frugali.

Breton è un politico conservatore, che ha fatto carriera a destra e che di recente è diventato un indipendente. Le sue posizioni svelerebbero tutta l’irritazione di Macron per le fughe in avanti di Scholz sulla Cina e l’opposizione tedesco-olandese alle strategie comuni contro la crisi dell’energia. Il francese vorrebbe giocare “all in” sul debito pubblico per costruire un fronte di paesi favorevoli a maggiore flessibilità nei conti pubblici. Inevitabile l’asse con l’Italia di Giorgia Meloni. La sintonia, che qualcuno azzarda persino essere stata concordata, si è avuta nelle scorse settimane anche sulla polemica contro la stretta sui tassi della BCE.

Prematuro capire se sul debito pubblico Macron intenda costruire un’alleanza con Meloni o se starebbe per il momento limitandosi a indispettire i tedeschi recapitando loro un messaggio di irritazione. L’Italia ha un’opportunità di incunearsi tra i due alleati per fare pesare le sue ragioni facendo propendere la bilancia dall’una o dall’altra parte. E dopo i passi solitari di Scholz, che avevano irritato persino l’ex premier Mario Draghi, tutto lascia pensare che Meloni sia più affine alle posizioni di Macron.

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