Come si fa a passare da una gestione dell’immagine quasi perfetta all’autodistruzione mediatica in così poche settimane? Chiedete ai Ferragnez. Non passa più un solo giorno che la coppia non inciampi in una qualche gaffe dagli effetti devastanti per il loro business, oltre che per la percezione che ne traggono i follower. L’ultima in ordine di tempo, anche se la storia risale a quattro anni fa, riguarda il nostro Fedez “nullatenente”. Avete letto bene: il rapper che scrisse l’inno del Movimento 5 Stelle, impegnato in diverse cause sociali e paladino contro le ingiustizie, ha raccontato al giudice di non possedere nulla a suo nome.

Non un’auto, né una casa. La ragione? E’ tutto intestato alle società della sua famiglia.

Fedez nullatenente, esposto Codacons

Queste dichiarazioni furono rese nel 2020 dal marito di Chiara Ferragni nel corso di un’udienza per diffamazione contro Codacons. Proprio l’associazione dei consumatori ha presentato un ennesimo esposto alla Guardia di Finanza per fare luce sulla sua posizione patrimoniale effettiva. Fedez ha provato a spiegare di avere detto “tecnicamente una verità” e che se avesse dichiarato il contrario, avrebbe commesso un reato.

Fedez non è nullatenente nel senso pregnante del termine. Basti aprire un suo profilo social per capire che viva nel lusso, ovviamente grazie al suo lavoro. Tutto lecito, cerchiamo di essere obiettivi. Ed è vero che la legge permette di intestare i beni ad una o più società, ma l’utilizzo è possibile solo se si ricopre una carica nelle stesse e/o per ragioni attinenti al lavoro svolto. E qui rischia di aprirsi un nuovo capitolo, se non giudiziario, perlomeno mediatico. E’ davvero così alla luce del sole il “modus operandi” di Fedez nullatenente solo sulla carta?

Chiara Ferragni inciampa ancora sul pandoro

Ma gli inciampi mediatici mica sono finiti. Chiara Ferragni supera sé stessa.

Nel ricorrere al Tar contro la decisione dell’Antitrust di multarla per oltre 1 milione di euro per pubblicità ingannevole sul pandoro Balocco, l’influencer ha fatto depositare tramite i suoi legali un testo difensivo di 34 pagine, in cui definisce persino “tanti” i 50.000 euro donati dalla società dolciaria all’ospedale Regina Margherita, date le vendite inferiori alle previsioni con l’iniziativa “Pink Christmas”. La somma avrebbe ammontato al 25% dei ricavi. E non è finita qui. Sempre Ferragni sostiene di avere fatto “pubblicità” al Regina Margherita tramite la sua sponsorizzazione.

Non c’è che dire. Una strategia difensiva apparentemente tesa all’autodistruzione definitiva della propria immagine. Cosa significherebbe aver fatto pubblicità ad un ospedale pubblico? Che forse i bambini cercheranno di ammalarsi apposta per potervi essere ricoverati? Siamo alle allucinazioni social. Come se non bastasse, il Corriere della Sera ha fatto le pulci ai bilanci delle due società che fanno capo a Ferragni: Tbs Crew e Fenice. E ha trovato che esse abbiano pagato solamente in imposte solamente l’1,2% dell’utile netto dichiarato.

Pochissime imposte pagate

Com’è stato possibile? Grazie a una normativa italiana, che consente di sottoporre al fisco solo il 5% dell’utile trasferito ad una società madre. Nel caso specifico, questa è Sisterhood. Tutto perfettamente lecito, ci teniamo a precisare. Il guaio è che i Ferragnez hanno sinora recitato il copione dei paladini del progressismo un tanto al chilo e difficilmente potranno giustificare agli occhi dei follower una condotta così spregiudicata sul piano sia della comunicazione che amministrativo-contabile.

Ferragnez in crisi sui social

A proposito di follower, la crisi non scema. Dal giorno della multa, Chiara Ferragni ne ha persi quasi 450 mila sul profilo Instagram e Fedez altri 205 mila. Poca roba in termini percentuali, anche se il dato è sintomatico della perdita di interesse che la coppia sta riscuotendo sui social.

Lei ha persino impedito ai follower di postare commenti sotto le sue nuove immagini, un modo per evitare la visualizzazione delle numerosissime critiche, alcune molto forti e spesso in forma di insulti anche gravi. Il problema è che i fari restano accesi sia sulle nuove mosse che sul passato. E la narrazione per anni portata avanti a colpi di beneficenza e buoni sentimenti non sta reggendo all’impatto degli ultimi eventi.

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