Quando pensiamo al mondo ricco, la prima immagine che ci viene in mente è New York. Tutto sa di opulenza, qui. Gli immensi grattacieli, le larghe strade stracolme di auto e pedoni, i ponti, le insegne luminose delle vetrine, gli affari. E’ la Grande Mela, in cui chiunque di noi forse vorrebbe anche solo per un po’ di tempo andare a vivere per approfittare delle occasioni che offre. E’ la città che non dorme mai. Wall Street non poteva che avervi sede, essendo di gran lunga la borsa più importante al mondo.

Non fu un caso che l’11 settembre del 2001, gli attentatori suicidi scelsero le sue Torri Gemelle come obiettivo per realizzare i loro piani sanguinari. Erano il simbolo economico di una città, che a sua volta simboleggia la supremazia occidentale nell’intero pianeta.

Da un po’ di tempo, però, qualcosa a New York non va. E non stiamo parlando solamente del boom di omicidi e criminalità che sta travolgendo la città. La città vive un momento difficile anche sul piano economico. Un solo dato vi stupirà: tasso di disoccupazione al 7,6% contro una media nazionale del 3,8%. Il doppio, una bestemmia solo a leggerlo. Com’è possibile? La pandemia ha colpito i grossi centri urbani più duramente che altrove. E negli USA, New York continua a pagarne il prezzo più di altre metropoli.

Il colpo inferto dalla pandemia a New York

Per capire cosa stia accadendo, dobbiamo sapere che ancora oggi il tasso di occupazione degli uffici a New York è del 36,5%. Era prossimo al 100% prima della pandemia. In altre parole, sono ancora tantissimi i lavoratori e i manager che lavorano da casa, magari proprio fuori città. E gli effetti si notano sul mercato del lavoro: occupazione in calo del 16,3% nel giugno 2021 rispetto alla fine del 2019 nell’area di Manhattan. Nell’area circostante, invece, il calo è stato molto più moderato: -7,2%.

Questo trend sta minacciando la piena ripresa economica di New York. Gli economisti lo chiamano “effetto ciambella”. Ecco di cosa si tratta. Fino alla pandemia, c’era un’economia cittadina basata sul fatto che milioni di persone, tra cui numerosissimi colletti bianchi, si recassero quotidianamente al lavoro in centro per 5 giorni alla settimana. Nel frattempo, compravano da mangiare (ciambelle, ad esempio), usufruivano dei servizi in loco come palestra, parrucchieri, estetisti, ecc. Oggi, questa economia è venuta parzialmente meno. In smart working, molti lavoratori non stanno più spendendo in città come prima, in molti ne stanno approfittando per vivere fuori, in aree meno costose dell’America, magari anche solo a ridosso di New York.

Sì, ma la pandemia prima o poi scomparirà del tutto. Vero, ma non lo smart working. Uno dei maggiori fondi immobiliari al mondo, Blackstone, sta vendendo uno dei suoi edifici a Manhattan, segnalando che anche dopo il Covid non ritenga che i lavoratori torneranno del tutto in ufficio. Lo smart working sarebbe una tendenza di lungo periodo, destinata a stravolgere abitudini di consumo, di vita e persino intere economie basate sino ad oggi su di esse. Sta di fatto che la popolazione di New York City risulta diminuita a 8,2 milioni di abitanti da un apice di 8,5 milioni toccato nel 2016.

Comprare casa a New York non è più sostenibile

In effetti, qualcosa stava iniziando a cambiare già da prima che arrivasse la pandemia. Ad esempio, l’indice Zillow ha trovato che nel febbraio scorso il prezzo medio di una casa in vendita a New York fosse di 746.354 dollari, in crescita del 6,5% su base annua. Direte che il trend immobiliare rimanga positivo e smentisca almeno parzialmente le conclusioni a cui siamo giunti sopra. Nello stesso periodo, infatti, l’inflazione americana è stata del 7,9%, ma a New York è stata “solo” del 5,1%, il dato più basso tra le grandi città.

In pratica, i prezzi delle case in città sono aumentati dell’1,4% in termini reali. Ma la fase di picco della crescita risulta esservi stata nella primavera di tre anni fa. Tra l’aprile del 2012 e l’aprile 2019, i prezzi delle case a New York crebbero di ben il 50%, a fronte di un’inflazione cumulata di appena il 10%.

Ebbene, la crescita reale annua dei prezzi delle case fu in quel settennato del 4,9%. Nello stesso periodo, poi, i redditi familiari crebbero in termini reali del 40%. Dunque, i newyorchesi erano riusciti a tenere il passo con le quotazioni immobiliari. L’equilibrio sembra essersi rotto: i redditi in città stanno ristagnando, l’inflazione galoppa e i prezzi delle case stanno rivelandosi non più sostenibili. L’effetto ciambella forse riporterà presto il mercato immobiliare locale a quotazioni più miti.

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