Il decimo Rapporto di Itinerari Previdenziali sul sistema pensionistico italiano è pieno di cifre e analisi interessanti. Esso si riferisce al 2021, il secondo anno di pandemia e con un’economia italiana in rimbalzo dopo il tracollo del 2020. Emerge che il numero dei pensionati è salito di poco a 16,099 milioni, ma è migliorato anche il mercato del lavoro con 27.884.000 occupati. Sale così il rapporto tra occupati e pensionati a 1,4215, pur restando sotto il record storico di 1,4360 del 2019. Secondo le precedenti pubblicazioni, il rapporto-limite sarebbe di 1,5.

Al di sotto di esso, la previdenza risulterebbe a rischio sostenibilità. Ma c’è un dato su tutti che si staglia con vigore: l’assistenzialismo dilagante. La spesa di natura assistenziale nel 2021 era pari a 144 miliardi di euro, in crescita di oltre 71 miliardi rispetto al 2008.

Dunque, l’assistenza a favore (teoricamente) delle fasce più deboli della popolazione è più che raddoppiata in valore assoluto. In termini percentuali, è salita di oltre il 6% medio all’anno, il triplo del tasso di crescita delle pensioni sostenute dai contributi. Ma il punto è un altro. Questo dilagare di assistenzialismo non ha prodotto alcun risultato positivo. Nel 2008, il numero dei poveri era pari a 2,9 milioni, il 4,9% della popolazione. Nel 2021, era salito a 5,6 milioni, il 9,4% dei residenti. E’ raddoppiata l’assistenza ed è raddoppiato anche il numero dei poveri.

Può apparire paradossale, ma in fondo non lo è. Lo stato italiano si è limitato a prelevare fette più grandi della stessa torta da distribuire a chi ne aveva di meno. Ma la torta nel periodo considerata non solo non è cresciuta, bensì si è ristretta. Tra il 2007 e il 2019, anno prima del Covid, il PIL reale nel nostro Paese era diminuito di oltre il 4%. Al 2022, questo il dato continuava ad essere questo. L’assistenzialismo da solo ha generato povertà, frenando la crescita dell’economia italiana.

Assistenzialismo semina discordia tra italiani

E’ stato tutto un pullulare di bonus, sussidi, redditi di cittadinanza, quattordicesime per la pensione, ecc.

Provvedimenti, singolarmente presi, che potrebbero anche risultare condivisibili. Ma è mancata una strategia più ampia. Basti pensare proprio al reddito. Perché tanto livore diffuso tra gli italiani verso i percettori? La spesa in sé è significativa (circa 10 miliardi all’anno), ma sostenibile nell’ambito di un’economia in crescita. Il fatto è che l’assistenzialismo è andato a discapito di chi lavora e genera ricchezza, nonché gettito fiscale e contributivo.

Dimenticandosi di chi rende possibile aiutare i più bisognosi, lo stato ha generato uno scontro tra italiani. Tra l’altro, le modalità stesse di fare assistenzialismo appaiono deleterie. Le prestazioni previdenziali propriamente di natura assistenziale ammontavano nel 2021 a quasi 26 miliardi di euro. Circa l’1,5% del PIL. Questa spesa continua ad essere conteggiata tra quella per le pensioni, dando l’idea in Europa che spendiamo più del reale per questo capitolo del bilancio. Parliamo di assegni per l’invalidità civile, sociali, di guerra, indennità di accompagnamento, integrazioni al minimo, maggiorazioni sociali, quattordicesime e importi aggiuntivi.

La separazione tra previdenza e assistenza farebbe chiarezza, sebbene sia emerso di recente che sia meno facile di quanto crediamo. D’altra parte, nel complesso resta il fatto che spendiamo l’8% del PIL per fare assistenzialismo da quattro soldi. Le famiglie povere restano tali e l’occupazione nel Sud neppure raggiunge il 45% della popolazione in età lavorativa contro il 66% al Nord. Lo stato ha dimenticato che il più grande aiuto che si possa offrire a un individuo è tramite un posto di lavoro. Urgono politiche attive ed efficaci o la mucca che si sta spremendo all’inverosimile morirà e resteremo tutti senza latte.

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